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Ego - il giornale
Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 1 - anno 11° - Dicembre 2011-Gennaio 2012

PAGINA 4

   "La fantasia non ha limiti: 
   qualcuno ha fatto collette per la madre del milite ignoto"
  

Enzo Biagi

La mia vita in quattro tempi
l'osservatore

Scrivo questo mio film che gira in me. 
Questo continuo ripetere la nostra vita, il nostro pensare.
Viviamo film immaginari, ripetiamo scene. La mia vita. Il mio cammino che si muove nella vita, il mio mondo che si scioglie, questo mio creare nella mia esperienza, perdermi in essa, perdermi nel farmi vedere, perdermi nella paura di perdere ciò che ho realizzato, perdermi nel possesso di ciò che ho, questa mia esperienza diventa appiccicata a me, questa mia esperienza mi assorbe in essa, dimenticando che è una esperienza del mio cammino.
L'esperienza del denaro è una morsa che ti prende e ti fa muovere la vita in base ad esso.
E' facile perdersi. Il denaro rinvigorisce il tuo io.
Perdi il tempo a creare invidia, a dire guardate quanto sono bravo. Il denaro ti fa conquistare i sentimenti se così si possono chiamare. Il denaro ti crea attaccamento a ciò ed hai per paura di lasciarlo, è facile perdersi in esso e non diventa più un'esperienza, ma diventa una prigione.
Muoversi nell'esperienza del denaro con la coscienza che è una delle tante esperienza che ti passano nella vita e non farne la tua casa, altrimenti ti fermi, non sei mai pronto ad entrare in altre esperienza che ti aspettano nella vita.

Secondo tempo
Quello che vedo è già in me. Una voce, ed a secondo del tono va a risvegliare uno stato d'animo che è già in me. 
Vedo qualcosa e mi riporta a galla qualcosa che è in me, simile. 
Io sono pieno di cose che mi sono entrate e si sono stabilite in me, ed ogni volta che i miei sensi vedono qualcosa che ho già dentro si mette in movimento e si impadronisce della mia vita avvolgendomi in essa. 
Quante cose sono entrate dai sensi. 
Senti delle parole, delle scene, dei dolori e con il loro impatto si sono stabiliti dentro me tali e quali ed essi hanno riempito la mia vita.

Terzo tempo
Sono qui ed i miei pensieri risalgono dal mio ricordo. Pensieri che si ripetono. Emozioni che si ripetono. Ricerco la ripetizione di ciò che ho nella memoria. La memoria è la mia compagna di vita. 
Sono qui tranquillo, il mio corpo non chiede niente ma ad un tratto si mette in moto un ricordo e le sensazioni legate ad esso e, se sono piacevoli, mi scatta il desiderio di ripetere ciò che ho nella mia memoria. Se sono pesanti le ripeto insieme alla sua pesantezza. 
Sono qui che mi chiedo quale è vero e quale è nascosto dal mio continuo desiderio. Vedo che tutto si affastella dentro il mio pensare. La mancanza si accatasta da sola.
Il desiderio della ripetizione del rinvigorire il mio Io è sempre alla ricerca. Io corro dietro a ciò che ho già vissuto. Io corro dietro ad un'emozione che ho già provato. Ripeto di continuo le stesse cose, riempio la mia vita con il vecchio. Cerco la ripetizione come gli animali.
Vivo senza cambiare niente al già vissuto Arriva il pensiero e tu sei esso.
Prendersi la responsabilità della propria esistenza.
Ci devi essere. E' più facile farci guidare da ciò che abbiamo dentro, lo abbiamo scambiato per il nostro compagno e lo è nella nostra incoscienza.

Quarto tempo 
Perdersi nel mondo senza esserci. Farci prendere da ciò che pensiamo.
Farci guidare da ciò che pensiamo e creiamo la nostra vita. Creiamo la nostra esistenza di quello che pensiamo, immersi in ciò che viviamo, non ci rendiamo conto di quello che si muove in noi. Chi sono, come funziono, perché mi comporto in un certo modo. 
Tutto ciò è sconosciuto ai nostri occhi. Tutto ciò è libero di muoversi a suo piacimento e noi subiamo ciò che abbiamo dentro di noi. Tutto è entrato dagli occhi, dalle orecchie, dal tatto, dall'olfatto e si è depositato in me creando il mio desiderio della ripetizione.
Creando la mia insicurezza. Creando i miei rapporti con gli altri.
Mi rendo conto che c'è una sicurezza se vivo presente a ciò che mi arriva da dentro. Sto parlando e c'è l'osservatore che vede quanto sto esagerando, che vede quando mi scatta la paura, che vede il pensieri che vogliono entrare in ciò che faccio.
Sono qui che trascuro la conoscenza di quello che sono e di quello che ho depositato dentro me. La morte, la mia morte, dentro di me è depositata male, è depositata che non ho mai visto nessuno tornare, ma noi non conosciamo niente di quello che siamo, non facciamo altro che ripetere le cose e le sensazioni che abbiamo assorbito da fuori ed in esse abbiamo creato la nostra esistenza. 
Quello crediamo di essere, vediamo la vita con il pensiero che abbiamo messo dentro che si ripete perché in esso non abbiamo messo l'osservatore. Senza osservatore il nostro mondo si muove indisturbato portandoci di qua e di là nella vita.

Peppino

 

 

Prendere coscienza

Talvolta accade che ti entrano pensieri inquietanti, appaiono in maniera non chiara, e solo tali da crearti una sofferenza, un senso di pesantezza, un blocco tale che ti senti inchiodato. 
Ti pare allora di non potere reagire, solo subire, così da portarti alla depressione, con tutte le sue conseguenze.
Subisci e non fai niente; è come se ti fossi detto: "non posso fare nulla, devo subire!".
Ecco: quando accade questo, puoi tenerti questo stato d' animo per quanto? 
Nessuno sa per quanto tempo. 
Anche per sempre.
Oppure puoi prendere coscienza (aiutato dalla persona giusta). 
Accade allora che in un attimo la tua visione cambia,vedi che tutto quello che era blocco e sofferenza non era realtà. 
La realtà è invece quello che puoi dire ,quello che senti dal cuore: e puoi essere te stesso.
Come se in quel momento una luce andasse ad illuminare quella parte di te buia: prima era "no" ora è "sì". 
Un sì che ti apre l' anima, e ti dà il respiro della dignità di essere umano.

Enzo

 

 

Nebbia e luce

Com'è debole l'uomo avvolto nel condizionamento.
E' in mano agli eventi che lo circondano.
E' una persona offuscata che non sa distinguere,non sa scegliere, è pieno di paure e timori.
Non conosce la propria forza, non conosce le sue capacità, non sa "camminare", non sa come fare a realizzare i propri desideri, i propri sogni. 
Quando si è offuscati non si riconoscono i veri amici, si da più ascolto a chi ci dice cose che ci fanno comodo.
Spesso le persone che dicono di esserti amici, ti parlano con l'invidia. 
Non rispettano le tue scelte, non parlano con sincerità, ma solo tramite la loro rabbia, il loro risentimento.
Se non si sta dentro di sé, ma si sta fuori ad ascoltare parole inutili, ci si indebolisce, si confonde il cammino. In realtà si deve seguire quello che si sente giusto fare........
L'invidia non permette la crescita di nessuno, non fa' sconti a nessuno, perché si maschera bene e nel modo adeguato per ognuno di noi.
Conosce i nostri punti deboli. 
Li conosce così bene, perché siamo noi che la facciamo vivere.
Lei sa come mascherarsi per farci danno.
Bisogna essere saldi. 
Solo la chiarezza può dare forza. 
Nel buio dei dubbi e delle paure è facile inciampare e cadere.
La forza quella vera, mi accorgo ora in questo istante, non è riservata a tutti.

Gabriella

 

Il limite

Superare il limite, non vedere il limite, forzare il limite, andare oltre il limite, capire il limite, non capire il limite, stare nel limite, prigionieri del limite, liberi dal limite, comprendere il limite, stare al limite, sentire il limite, scorgere il limite, essere al limite, dare un limite, uscire dal limite, scoprire il limite, il limite, ora che l’ho scritto, ora che è su questa pagina del mio quaderno, ora che è uscito dalla mia testa tutto quello che mi girava dentro, ora sto meglio. 
Tutto per una parola che non avevo mai compreso così bene, così a fondo come ieri sera. 
Una parola, una semplice parola che mi ha creato un turbinio dentro ed ora molte cose mi sono venute più chiare.
Quanta sofferenza mi ha creato non aver considerato, capito, compreso così a fondo quella semplice parola: il limite. 
Quanto c’è dentro, fuori, intorno a quella semplice parola, ora, a quest’ora, capisco meglio che non aver mai compreso a fondo quella semplice parola non mi faceva vivere il rispetto verso me e verso gli altri. 
E’ un passo in più per comprendere meglio il rispetto ed uscire dal buio dell’ignoranza, perché non comprendere questo ti fa essere superficiale, egoista, arrogante, prepotente, orgoglioso, ignorante di te e degli altri e ti fa pretendere senza esistere.

Gianna

 


Vincent Van Gogh - Contadini

La biomassa

Rivedo il campo di granoturco a cui mia madre teneva tanto e mi si stringe il cuore.
Come, ieri era lì bello verde e carico di pannocchie non mature ma promettenti e oggi?
Oggi è un frantume di foglie tritate e ammucchiate in un campo di chissà dove, per chissà che e chissà che cosa. 
Un business! 
Ho visto l’uomo nella sua avidità di denaro. 
Mi pare di vivere quei film frenetici che girano in quest’epoca, da pazzi! 
Una piccola trebbia andava su e giù affiancata da un trattore con rimorchio che, a sua volta, colmo oltre il limite, sfrecciava via ad una velocità pazzesca per portare il carico in un campo, per una centrale d’energia che ancora non c’è e non si sa quando si farà. 
Un via e vai pazzesco di mezzi, su e giù, davanti ai volti dei contadini, soddisfatti comunque di aver venduto il raccolto, peraltro neanche ancora maturo, anche se con qualche paura di perdere il tutto. 
Si vedeva sui loro visi: tutto questo sarà mica un imbroglio?
Imbroglio o no, vedere un campo così ridotto per un affare di soldi, fa male.
Ma quello era cibo e quanti avrebbe potuto sfamare e noi lo buttiamo via e non si sa neppure se o quando servirà.
Ho pensato a mia madre e al suo bel campo coltivato: le era affezionata, era un pezzo di terra dei miei nonni.
Avrei detto stop, ridatemelo, lo regalo a qualcuno che vuole sfamare dei bambini, qualcuno che non pensi solo al profitto, qualcuno di buon cuore, se ancora c’è o non è travolto da questo mostro di affari o finanziamenti che siano.
Mi chiedo dove stiamo andando.
Credo in un precipizio: l’importante è andarci con le tasche piene di banconote, ma forse non ci serviranno.
Guardavo il bambino che era seduto in bicicletta e mi veniva tristezza.
Lui era felice di vedere i trattori, io lì, avrei voluto vedere un quadro: un sano lavoro di contadino.

Luigina Averis

 

 

La potenza del pensiero

Quanti problemi mi creo da sola, con i miei pensieri, con le mie paure, con le mie convinzioni che mi bloccano, che non mi fanno osare, che mi fanno stare indietro, che non mi fanno lottare.
Mi rendo conto di quanta potenza ha un pensiero, di quanto mi può rovinare, bloccare, sbagliare, fermare.
Lo so, faccio tutto io. 
E’ vero.
Eppure riesco a sentirmi male, a vedere tutto difficile, e questo mi crea anche rabbia.
Perché ho sempre così paura a farmi avanti? 
Sono così stufa di me che mi prenderei a cazzotti.
In effetti hai più risultati se agisci, che non rimanendo lì a crogiolarti con le tue paranoie che non fanno altro che ingigantire tutto, facendoti credere di non farcela.
Gli altri non possono essere nella mia testa, vedono solo le mie azioni e se rimango ferma non dò certo un bell’impatto.
Devo essere la mia paladina e portarmi avanti.
Mentre scrivo sento che si sta sciogliendo qualcosa.

Luce

 

Il ciuccio di Lele

Mi rivedo là in campagna con il bambino in braccio, ed io che piango.
Lui è disperato per il suo ciuccio, io cerco di consolarlo, ma il dolore è troppo e non ci riesco e le lacrime mi scendono, mi viene un nodo in gola, mi sento impotente di fronte ai suoi primi disappunti, che vorrei non avesse.
In un attimo ho visto l’uomo nel suo soffrire, le prime sofferenze e, man mano che si cresce, se ne incontrano altre e altre e altre ancora.
Si vuole una cosa in modo morboso, ad un tratto la si perde e arriva il dolore e la disperazione.
Mi spiace che debba affrontare tante brutte cose.
Io vorrei fargliele sorvolare da lontano, che non lo tocchino nemmeno, come se io potessi essere uno scudo e parare le frecce avvelenate, ma mi sono resa conto che non posso, che questa è la vita per crescere e poco o nulla posso fare al riguardo.
Credo di aver pianto per questo, per questa mia impotenza verso la crudeltà del vivere.
Eppure per crescere bisogna lottare e fare esperienza e superare gli ostacoli, altrimenti a che serve questo nostro faticoso vivere?
Io posso solo esprimergli tanta tenerezza.
Tutta quella che ho tenuto tanto tempo lì sopita, posso farlo sentire allegro, offrirgli una parte del mio tempo, parlare con lui, raccontargli le favole, preparargli un bel budino al cioccolato o seguire un cartone animato commentandolo e tenendomelo vicino.
“Nonna, nonna, nonna!” 
Quante volte mi ha chiamata non lo so, ma mi sono resa conto che la mia disponibilità verso quel piccolo uomo non era fatica, ma veniva genuina ed il mio smettere dal far qualcosa per me, per correre da lui, non mi pesava più di tanto. 
Mi sono vista molto paziente, se vogliamo dire così.
Così il bambino è stato molto bene e non ha mai chiesto di mamma ed i giorni sono trascorsi in allegria.
Con la sua spontaneità, il bambino ti fa fare delle risate che ti ricordano la giovinezza e che da anni non fai più.
La fatica fisica è stata notevole per impegno costante di notte e giorno e per il ricupero meno veloce delle energie spese, però ne sono stata contenta.
Me lo rivedo con la pompa in mano che bagna i fiori o con nonno a caccia di moscerini e lo vedo ridere e darmi le sue manine belle ed i piedini da baciare.
Grazie Lele, mi hai donato una settimana di gioventù e di freschezza, anche se disturbata un poco dai tuoi pianti per una cosa che hai creduto perduta per sempre.
I dolori dell’uomo cominciano da sempre e non finiscono mai, ma c’è anche il sorriso e l’allegria e questo è bello, bellissimo e mi consola.
Buon cammino da

Nonna Giugia

 

 

 

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