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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 4 - anno 2° - Aprile 2004

PAGINA 7

"Alcuni dicono che una parola muore quando viene pronunciata.
Io dico che comincia a vivere soltanto allora"
 Emily Dickinson

 

La pagina dei lettori


Una lettera ai lettori

Nel rispondere ad un amico che chiedeva il mio parere sul suicidio, mi è venuta di getto questa pagina. Poiché si tratta di uno scritto spontaneo, potrebbe darsi che sia una "canalizzazione" o ispirato. Dato il contenuto particolare ve lo sottopongo come riflessione.
Un abbraccio.

Nino Pulitati

Perché avviene il suicidio francamente non sono in grado di dirlo. Sono tanti e tali i motivi, quante le persone.
Indubbiamente l'individuo ha perso la sua centratura e non è più in grado di relazionarsi con il mondo circostante. Si crea un suo proprio mondo mentale pieno di paure e di incubi che col tempo finisce di considerarlo reale. E per lui è così. L'energia accumulata, l'angoscia esistenziale diventa inevitabile e l'impossibilità di vivere una vita equilibrata fa il resto.
Ovviamente questo mondo, così come è congegnato, non sembra fatto per aiutare chi ha di questi problemi. E conquistarsi la serenità giorno per giorno non è affatto semplice.
È un lavoro continuo, che a volte ci riesce bene e spontaneamente, ma a volte richiede sforzi e rinunce che le "comodità" moderne, di cui godiamo, non alimentano nell'illusione che aspettando domani tutto si possa risolvere. E quando i piccoli problemi relazionali non sono affrontati sul nascere e, possibilmente, risolti ecco che la matassa s'ingrossa e si ingarbuglia, la pallina di neve diventa valanga, e si soccombe sotto questo peso che toglie il respiro ed ogni forza. A volte, anche il chiedere aiuto (non facile per l'orgoglio e l'ego personale) è un atto coraggioso dal quale però può dipendere la soluzione del piccolo problema quando da soli non riusciamo a vederne lo svolgersi.
Come vedi è molto più facile parlarne che agire, comunque siamo sempre noi l'origine dei nostri malanni: è il nostro modo di vedere, la nostra cultura frutto anche di tradizioni e di influenze parentali, che ci porta a stare male, anche se siamo restii ad ammetterlo e passiamo all'attacco dando agli altri la colpa di tutto: la sfortuna, l'invidia, un dio cattivo, la cattiveria del partner e/o dei colleghi. Insomma siamo pronti a considerarci vittima e restii ad ammettere che il bello ed il brutto che vediamo attorno a noi sta semplicemente dentro di noi, che la realtà esterna è la proiezione del nostro mondo interiore, dei nostri pensieri, delle nostre emozioni.
È sempre colpa di qualcun altro e dimentichiamo o, meglio, non sappiamo ancora che gli altri non sono altro che il nostro specchio, uno specchio che ci rimanda indietro quella parte di noi che risuona nell'altro. Per cui, se siamo ottimisti, con il cuore e gli occhi pieni di bellezza, luminosi, ecco che lo vediamo negli altri e ci sentiamo attratti da chi manifesta caratteristiche simili. Ma se abbiamo rabbia, frustrazione, emozioni che ci danno squilibrio, paura, allora rifuggiamo da chi è luminoso e ci sentiamo attratti da chi ha la nostra stessa frequenza energetica.
Ecco quindi che la palla ritorna a noi. Il punto è che spesso la nostra società ci condiziona al punto tale che non ci rendiamo più conto di esseri prigionieri e crediamo di essere liberi ed autonomi, mentre ripetiamo in maniera stereotipata comportamenti altrui. Dovremmo quindi riappropriarci della nostra libertà di Uomini e Donne di questa Terra, liberandoci dai condizionamenti, facendo piazza pulita dei luoghi comuni, con il coraggio di seguire la nostra verità, anche se non coincide con quella della maggioranza. Impresa non facile, ma come esseri di questo mondo dobbiamo cercare di riuscirci, che si creda o noi in un dio o solamente nelle proprie forze umane. Perché non sarà un Dio esterno a noi, un giudice lontano lassù nei cieli, che ci salverà dai nostri fantasmi, dai nostri incubi, dalle guerre e dalle distruzioni.
Come minimo ci vorrà la nostra collaborazione e perciò tanto vale lavorare su di noi.
Non si diceva un tempo: Aiutati che Dio t'aiuta?!

 


Reazioni alle ferite

Se non fosse per il semplice fatto che ho cominciato a comprendere ciò che significa nascondersi dietro le proprie apparenze, probabilmente non mi sarei mai abbandonata a confessare ciò che sto scrivendo…
Il problema è che l'orgoglio misto a vergogna e la comprensione non vanno di pari passo, finché non si diventa coscienti di ciò che sono i propri pensieri e le proprie azioni.
Non è che mi senta di aver chissà che da confessare, se non il fatto di dire di essere anche io un po'...
per le volte che mi sono un po' compiaciuta del male degli altri, oppure che le mie azioni a volte possano aver danneggiato gli altri, questo mi succede con chi mi ha profondamente ferito, non con tutti, anzi con chi non appartiene alle persone che mi sono più vicine i miei pensieri non sono questi.
Comprendo che a nulla mi porterà questo mio modo di essere se non l'essere cosciente di ciò che anche io sono.
Tutto ciò accade per quella sfera che circonda ogni essere umano e cioè "l'aspettativa".
Tutto ciò che vogliamo ce lo dovrebbero dare gli altri, e quindi ci scontriamo con le nostre debolezze: egoismo, invidia, potere, presunzione, radici dure da estirpare: ci vivono accanto da sempre e nel momento in cui vieni a scontrarti coscientemente con almeno una di loro, ti accorgi di quanto sia difficile! Il fatto è che più hai prove da superare e più vedi le cose e meno le radici potranno diffondersi.

G. G.


Luciano Ravizza

Luciano Ravizza,
 poeta dialettale di Castell'Alfero
Racconta la storia della sua terra 

Vorja

Varja savaj come el sarà el me doman,
vorja pudaj compi sent ani,
vorja savai loch che penserai 'd mé,
vorja pudaj lesi l'amnì,
ma…
se saisa com' lè el me doman,
se compijsa sent-ani,
se saisa loch che penso 'd me,
se saisa l'amnì,
forse corrja nan,
forse bitrija a marcia andré,
forse…
forse andria via da qué.

Vorrei

Vorrei sapere come sarà il mio domani,
vorrei poter compiere cent'anni,
vorrei sapere che pensano di me,
vorrei sapere l'avvenire,
ma...
se sapessi come sarà il mio domani,
se compierò cent'anni
se sapessi cosa pensano di me,
se conoscessi l'avvenire,
forse non correrei,
forse metterei la marcia indietro,
forse…
forse me ne andrei da qui.

 

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