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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 12 - anno 5° - N° 1 - anno 6° - Dicembre 2007 - Gennaio 2008

PAGINA 7

   "Ogni re deriva da una stirpe di schiavi 
   ed ogni schiavo ha dei re tra i suoi antenati"   

Platone

 

     LA VOCE DEI LETTORI    

 

Cara associazione Ego,
secondo il mio pensiero la democrazia si ottiene dall’equità.
Quindi Equità è uguale a Pace. 
Migliorare la pace fra gli uomini, non è cosa semplice. 
Probabilmente qualche risultato lo si otterrà percorrendo determinate strade. 
A mio avviso una è rappresentata dalla “matematica economica sociale”.
Per svolgere una qualsiasi attività, occorrono tre cose in particolare: la terra, manodopera e denaro. 
Questi tre soggetti dovrebbero andare d’accordo, in realtà sono sempre in conflitto a causa della divisione dei guadagni, tra chi offre la manodopera e chi il denaro. 
Se chi offre la manodopera mettesse anche il denaro, il conflitto sparirebbe. 
Può sembrare un’utopia, ma nei paesi sviluppati è fattibile.
Il denaro, merce di scambio, è anche il primo attrezzo di lavoro, senza il quale non s’inizia nulla. 
Non è “sterco del demonio” come diceva Schopenauer, ma una delle migliori invenzioni dell’uomo, a condizione che se lo si dosi, come i farmaci.
La pace non regnerà se si sostiene unicamente di dolci parole: occorrono cambiamenti economici concreti. 
L’abolizione della proprietà privata non ha funzionato, ma posso dimostrare che funziona il rovescio: proprietà per tutti.
Perché il mondo è popolato da tanti poveri condizionati da pochi ricchi?
Se la manodopera è indispensabile come il denaro per far camminare l’economia, anche i lavoratori hanno il diritto di possedere almeno il posto di lavoro!
Tale diritto lo sancisce la Costituzione della Repubblica italiana, articoli 3, 46 e 47. 
Dopo l’illuminismo, la rivoluzione francese, l’industrializzazione e l’uomo sulla luna, l’umanità necessita di un livellamento economico e sociale, se non vuole autodistruggersi. 
I lavoratori dipendenti dovrebbero farsi dare dai datori di lavoro, almeno il 50% del capitale.
Che essi reinvestirebbero per il buon andamento dell’economia nazionale.
Questo fondo, gestito dalle banche, offrirà interessi ai lavoratori, quindi un nuovo capitale che nel giro di due o tre generazioni sarà in grado di ridimensionare il capitalismo assicurando una pace sovrana.
Molti potrebbero giudicare utopistica questa proposta. 
Essa non ha nulla a che fare con la filosofia marxista, ma è semplice matematica economica singolarmente sottolineata dalla Costituzione della Repubblica italiana art.3, 46 e 47. 
Quando furono avviate le prime casse pensioni e mutualistiche molti scettici le definivano utopie, invece esse sono realtà già da un secolo.

Mario Ciani
Tel. 011.7399518 - mario.ciani@tele2.it

 

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Cara Ego,
il papa nei suoi discorsi, parla sovente di “pulire la memoria”, concetto questo che da tempo se ne parlava sulle colonne di questo giornale. 
Io penso che per avviare un processo del genere occorra prima di tutto seguire un processo di umiltà.
Senza una profonda umiltà è difficile avere il coraggio e la forza per rimuovere ciò che contiene la nostra memoria.

Mariuccia G.

 

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Cara Ego,
quali giocattoli deporre sotto l’albero?
Sono dell’opinione che bisognerebbe tornare al trenino di legno, alla trottola con lo spago, al tamburello, all’aereo di compensato da lanciare in un verde prato. 
Dobbiamo sollecitare la fantasia dei nostri bimbi, infondendo il senso dell’abilità, della creatività dell’inventiva.
Cose povere per arricchire un animo in crescita, oggetti che promettono e mantengono il senso della vittoria.

Aldo La Spina

 

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Cara Ego,
il Censis prevede che nel prossimo anno (2008) i drogati in Italia saranno l’80 % in più degli attuali, e che l’uso di cocaina sarà essenzialmente praticato dai 13 ai 16 anni. 
È come se fosse stato emanato un bollettino di guerra: “Attenzione, stanno per bombardarci”. 
Ora vorrei sapere: che facciamo? 
Ognuno prende una decisione personale, o aspettiamo rassegnati un lutto in famiglia?

Lucia Ferrero

 

I misteri di Torino nei “Castelli” di Fornaca
Rapito dai Savoia il marchese del Monferrato

Palazzo Madama è stata costruita sui resti della “Porta Fibellona”, una delle costruzioni più antiche di Torino.
Tutti pensano che sia stata dimora del Savoia. Ma così non è. Il maniero, di origine romana, fu teatro di sanguinosi scontri, intrighi e delitti a non finire. Le due torri delimitavano la porta Pretoria ai tempi di Giulio Cesare. Poi furono unite da Guglielmo VII marchese del Monferrato, quando, nel 1276 divenne Signore di Torino.
Guglielmo VII era un personaggio estroverso che si arricchì con matrimoni invadenti, e partecipazioni alle Crociate. 
I vari bottini in Terra Santa ed a Costantinopoli, gli permisero di estendere i suoi possedimenti in buona parte dell’Italia del Nord.
Fisicamente era un omaccione quadrato, col volto rossiccio, le braccia corte e le gambe corte, dotato di spalle possenti e sguardo penetrante. Giostrava con abilità, cavalcava con disinvoltura, e non disdegnava le popolane che portava nell’alcova del palazzo. La terra torinese però faceva gola a Tommaso II, figlio di Amedeo IV il primo dei Savoia sceso dalle montagne valdostane per occupare la pianura padana. Torino godeva di una posizione geografica invidiabile, era al centro della corona delle alpi, sulla riva di un Po maestoso che irrigava terreni fertili. Un attacco armato di Tommaso contro Guglielmo VII era impensabile; così l’avido Savoia decise di attuare un piano architettato dal vescovo di Valence. 
Con un pugno di sicari si appostò nei pressi di Stupinigi e rapì Guglielmo durante una battuta di caccia.
Lo condusse in catene nei sotterranei della cattedrale di Valence e dopo un anno di segregazione al buio, lo liberò solo quando Guglielmo VII firmò il proprio riscatto, ossia la cessione di Torino e della reggia di Palazzo Madama.
Le disavventure di Guglielmo VII non finirono qui, come racconta Sabina Fornaca nello splendido volume “I Castelli della Provincia di Torino” edito da Lorenzo Fornaca e Gribaudo.
Il marchese del Monferrato sul finire del 1200 cadde in un altro sequestro. 
Questa volta fu rapito dagli Alessandrini che pretendevano la città di Asti: lo rinchiusero in una gabbia di ferro, e la appesero davanti alla cattedrale.
Giorno e notte, per 19 mesi, il povero marchese rimase in questa insolita inumana prigione, ostinato a non firmare il nuovo riscatto.
Poi nel febbraio 1292 quando (come rammenta anche Dante nella Divina Commedia) lo uccisero versandogli piombo fuso!

I. D. R.

 

 

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