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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 2 - anno 5° - Febbraio 2007

PAGINA 5

   "Si può sopportare il dolore da soli, 
   ma ci vogliono due persone per provare gioia"  
Elbert Hubbard

 

      ARTE  &  CULTURA     

 

Maria Ausiliatrice Laterza

Le opere di Maria Ausiliatrice Laterza rappresentano degli ‘spaccati’ interiori dell’umanità e della quotidianità. Immagini che diventano introspezione, perché sanno penetrare nell’intimità vibrante delle cose, delle persone, delle atmosfere che rappresenta.
L’artista propone alcuni dei suoi ultimi lavori presso la Galleria Calandra di via Fratelli Calandra 8, a Torino. 
La mostra porta il titolo di “Ti ritraggo 3” ed è caratterizzata da una serie di “scatole luminose” che inducono alla riflessione, allo specchiarsi nella visionarietà dell’autrice, che ha saputo interpretare l’uomo e il mondo con un linguaggio moderno, simbolico, quasi metafisico.
“Protagoniste sono le donne e la città, presenze che si compenetrano in un gioco di chiaroscuri e di evanescenti presenze – scrive di lei Emma Gozzano -. Spesso, infatti, Laterza interpreta la figura come corpo di luce o di ombra, priva ormai di specifica identità, immersa nel contesto di una strada, una piazza, una via di Torino o, in questo caso, anche di Marsiglia. Le Notti bianche della città olimpica, con la folla anonima che quasi scompare per far emergere un dettaglio architettonico, un profilo, diventano filo conduttore per una ricerca psicologica dove il celato e il visibile altro non sono che metafore dell’esistenza. Anche la tecnica, tra pittura e scultura, si rinnova ogni volta alla ricerca di una sperimentazione che diventa indagine filologica”.
Maria Ausiliatrice Laterza introduce l’osservatore in un universo in cui la descrizione formale e reale lascia il posto a un’idea dello spirito dell’uomo, con le sue paure e le sue gioie, calato in un contesto reale e allo stesso tempo onirico. 
La città, palcoscenico delle azioni dei personaggi di Laterza, diventa scenografia di un’opera teatrale in cui si giocano ruoli complementari, che si intersecano, che si riflettono l’un l’altro nel continuo fluire degli eventi e della vita. 
L’architettura è sufficientemente definita per illustrare un angolo di città, per raccontarne la storia, ma quel suo immortalare la gente come un fascio di ombra e luce, lasciando all’immaginazione il compito di fantasticare, sembra far scaturire dal sogno e dalla mente strade e piazze, vie e scorci di una città abitata da anonime figure, immerse nel vorticoso dualismo dell’esistenza. 
I toni di luce contrastati, le ombre profonde altro non sono che simbolo dell’anima dell’uomo, in perenne lotta fra bene e male, vita e morte, gioia e dolore e questa profondità di interpretazione assume tutto il valore di un disegno preciso, coraggioso.
L’artista si pone in gioco, si svela piano piano attraverso la rappresentazione dell’Io e dell’Altro e ogni suo lavoro è una pagina di diario, un ricordo trasfigurato in gesto e passione. 
Una donna che passa, che cammina nella Torino olimpica o per le strade di Marsiglia porta in sé tutta l’umanità semplice e comune, un mondo che si rinnova nel mistero della vita: anche l’opera, così fluida, incisiva, gioca un ruolo di rinnovamento costante alla ricerca di un’espressività contemporanea immediata e dinamica.
Una mostra che sa far riflettere, accogliendo in se stessa tutta la potenza e l’eleganza di un’arte convincente, di un mestiere che sperimenta, nella continuità, la migliore tradizione artistica alla vibrante ricerca formale dell’oggi.

Elisa Bergamino

 

Umi Bedi

Umi Bedi torna alla ribalta dell’arte figurativa con una nuova serie di dipinti che hanno come soggetto le donne della sua India. Umi si esprime in modo delicato, com’è il suo carattere dolce e premuroso. 
Sa trasferire sulla tela i sentimenti femminili di un popolo rimasto per secoli soggiogato dalla dominazione occidentale.
I corpi femminili sono traslucidi, trasparenti, diafani, come se non avessero valore nella scena in cui si muovono.
È la gestualità che conta ed è in questa gestualità che l’artista affida ogni suo messaggio, prendendo a prestito il linguaggio misterioso, ma efficace della danza. 
Ed ecco che il profilo delle mani, delle dita, delle braccia, delle gambe, dei piedi hanno valore determinante ed avviano l’osservatore verso una introspezione sociale di grande sentimento.
Ogni opera di Umi Bedi trasuda di libertà, un desiderio che diventa urlo di aspirazione, di volontà. 
Libertà assoluta in contrapposizione a sentimenti repressi. 
Nell’immagine che mostriamo c’è l’albero spoglio di foglie sul quale cinguettano passeri leggeri e liberi. 
Le due donne si esibiscono in una danza sfrenata, compiendo balzi verso il cielo, ardente di vampate purpuree, come accade al mattino quando l’aurora, nel suo miracolo quotidiano, precede quelle pennellate auree che indorano la natura annunciando un nuovo giorno. 
I profili delle donne cavalcano biciclette: lo strumento di locomozione più semplice per chi vuole intraprendere un viaggio, unici strumenti per fuggire, andare lontano, raggiungere terre nuove.
Un messaggio di grande sentimento quello che Umi traccia in questa sua opera, inno all’India attraverso l’aspetto femminile, gesto materno di un popolo che oggi ha ogni strumento per imporsi sulla scena internazionale.
Ma si intravede anche una raffigurazione più sottile, come se l’autrice volesse lanciare un messaggio della propria poesia utilizzando le sfumature più incisive della sua tavolozza. 
Nel contrasto delle bianche ed impalpabili vesti delle danzatrici, ecco la profonda riflessione che Umi Bedi impone all’osservatore: una donna con la testa quasi recisa, appoggiata orizzontalmente su un corpo senza collo, con una veste blu notte. 
C’è un motivo di Chagall che aleggia in quel senso di disfatta, di stanchezza, di sfinimento di fronte ad ostacoli irremovibili.
Chi guarda la tela si domanda se il bagliore all’orizzonte segna il tramonto od il sorgere del sole. 
La risposta la si ritrova nella complessità della scena , in quella spinta verso l’alto delle pedalatrici che segnano una loro resurrezione interiore una spinta verso un nuovo orizzonte, capace di elevare l’anima a nuove mete.
Appare evidente il proposito di Umi di non tradire quello spirito indiano che trova allegorica espressione nello scorrere lento e possente del fiume Gange, comune elemento purificatore di tutta la Nazione.

Maurizio Gentile

 

Claudio Giacone ad Artecornice

Il 10 febbraio prossimo (ore 16,30) viene inaugurata un’antologica a Claudio Giacone artista che “opera costantemente tra emozione e ragione – come dice di lui Paolo Levi - Nato a Rivoli nel 1927 si è rivelato artista incline a costruire non per contemplazione, ma per impulso, in un’espressività calda legata più al cosmo che all’esistenziale. Il suo problema di artista non è quello, come tanti suoi contemporanei, di aggionarsi, ma di esprimersi con messaggi portatori di un mistero visivo, come nel caso delle esplosioni cristalline di Classicismo blu del 1984 o della composizione informale del 1987 Nello spazio. Da cinquant’anni, Claudio Giacone si dedica a un lavoro complesso, ostinato, e civilmente solitario. Egli ha la dote di essere aperto alle esperienze materiche e cromatiche, come fossero suoni, sinfonie tonali, vivendole sempre con intensità”.

 

 

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