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Ego - il giornale
Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 1 - anno 10° - Dicembre 2010-Gennaio 2011

PAGINA 3

   "Il segreto per un Natale felice? Festeggialo nel tuo cuore"   
Kin Hubbard

Dentro la rotonda stradale

Certi giorni gli impatti sono tremendi forti, l’energia tutto attorno grida disperazione e tutto questo si sente.
Sono nel traffico le macchine urlano l’egoismo profondo in tutti, in me, tutti vogliono passare; le rotonde sono un bel esempio di intolleranza, potresti stare lì delle ore e aspettare che qualcuno tolleri e ti faccia passare ma non succede, devi conquistarti la strada anche lì la lotta di essere riconosciuti. 
Le notizie, brutte sono nell’aria, a volte è spessa la sensazione e instabile, ti senti sconnesso, il silenzio ti chiede la pace che non trovi, a volte sembra tutto crudele, tutti impegnati a parlar del peggio, diventa, il tessuto stesso, della vita stessa. 
Nella sera a casa nella tv guardi il mondo, il disastro inaudito, lo scempio la scelleratezza, sembra che la terra sia tutta così, tutti impegnati a dire che l’uomo è un assassino, anche se quegli uomini sono meno dei più, si diventa tutti assassini, il dolore spalmato sui visi, sulle coscienze ad annientare la gioia di vivere, la verità che anche in noi c’è …
Quando sono nel dolore e nella mia incertezza,scelgo un film di dolore, a volte sembra che diventi anch’io parte del film, quello che viene ammazzato, quello che riceve colpi, a volte io, l’assassino, divento il sogno apparente. 
Si vuole addormentare tutti. 
Un sogno riproposto, un incantesimo di dolore per coscienze sospese, spesso questo diventa il vero pasto, il pasto avvelenato con gli stessi cibi avvelenati, spesso non si ha più sapore di nulla, non ci sono più riti di amore, spesso non c’è più posto e luogo per donarsi e si è assediai da tutti i fronti senza possibilità di dirsi il vero, di dirsi il sentito, di darsi per esserci, spesso tutto si è tradotto in sortilegio sbagliato, non vero, perché l’uomo non è solo quello, ma spesso la realtà diventa solo questo: il cruento, l’amore scomposto fratturato, e gli impatti diventano una valanga da sforare incontenibile ma ora sento di attraversarli e mi diventano invisibili, inesistenti, incorporei, spesso abbiamo costruito tutto sulla fragilità della paura, ma ora sono qui e guardo il cielo, guardo l’atmosfera vera, guardo il supplizio ingiusto, guardo tutte le dimostrazioni sbagliate, i desideri infecondi, gli attaccamenti dolorosi, la lotta dall’abbandono, la via sbagliata, il sogno apparente, l’ignoranza vera, lo sconosciuto totale di quello che si sente, la pochezza di quello che sappiamo dire e dare e dimostrare, le parole non dette non espresse, la difficoltà di dare parola, il reale, sconosciuto di noi stessi, spesso ed ora so che tutto questo assomiglia alla guerra del mondo, a quella che gli esseri fanno con se stessi. 
Una realtà completamente costruita dall’uomo, una prigione inesistente che non lascia il passo alla grazia dell’amarsi, la scintilla possibile di un respiro, la sanità.

N. C.

 

Chi cerca, trova

Dolcezza, sentimento, amore. 
Dove li trovo? 
Dove? 
Acqua, ho sete, sete di dolcezza, di sentimenti, d’amore. 
Ma dove li posso trovare? 
Chi me li può dare? 
Chi? 
Chi può colmare questo mio vuoto? 
Chi può darmi ciò che mi manca? 
Che mi è sempre mancato? 
Perché mi ostino a legare questo bisogno di sentimento a un sogno evanescente che io voglio mantenere reale, perché fuori deve esistere ciò che mi corrisponde? 
Fuori, il sogno evanescente a cui mi aggrappo. 
Fuori. 
Ma non c’è niente.
E’ tutto dentro di me, il sogno è solo dentro di me, costruito da me, vissuto e mantenuto in vita dalla mia illusione di un niente. 
I bisogni. 
Troviamo il modo di farli vivere accontentandoci dell’illusione, dell’inconsistenza. 
Ma il peggio, la cosa più atroce è che non ce ne accorgiamo. 
Non ci accorgiamo dell’inconsistenza, di quel pugno d’aria nel quale stiamo quietando il nostro bisogno. 
Questo è il mio pugno d’aria. 
Questo è il mio “non comprendermi”, non comprendere che il mio pugno d’aria non sa di quietare il mio bisogno, perché non esiste. 
E’ tutto dentro di me. 
E allora perché, se anche questa illusione che proietto fuori è dentro di me, perché non prendo coscienza che posso diventare io stessa quell’amore che cerco fuori, che ho io quello che cerco, che sono io quello che vado cercando? 
Per ora temo di non riconoscermene abbastanza per quietare tutto il bisogno che ho, come se quello che ho costruito fin’ora dentro di me non fosse ancora sufficiente per rispondere al mio bisogno.
Ma io so che ci arriverò, perché mi commuove troppo il pensiero di avere dentro l’amore per me, mi commuove troppo il pensiero di diventare io stessa… Amore!

R. M.

 

 

Osservare il pensiero

Immaginare, creare, la mia vita. 
Creare il mio pensare, sono un fiume di pensieri, sono un fiume di pensieri che navigano nella vita. 
Vanno di qua e di la: io sono in essi. 
Credere di essere vivi, credere di vivere senza sapere che sono i nostri pensieri che vivono. 
Pensieri che crediamo nostri ma sono l'insieme di ciò che ci circonda. Siamo l'insieme di ciò che abbiamo assimilato, di ciò che vediamo.
Tutto corre nel mondo della nostra immaginazione. 
Il pensiero è la continuazione è ciò che ci fa muovere e ci fa fare cose assurde eppure noi siamo in esso, basta un niente e subito tu parti in un mondo del continuo creare.
Crediamo che qualcosa con il nostro pensare, ma non facciamo altro che rigirare e proiettare in qualcosa o in qualcuno la nostra esistenza. 
Siamo alla ricerca di noi stessi nel mondo astratto.
Questo è l'inganno della vita, crediamo che ciò che cerchiamo sia una mancanza. 
E' proprio l'eterno cerchio della vita. 
Corri,
cerca, trova, ricrea e ritrovi ma hai sempre da trovare. 
Ma dove corri senza sapere che la pace è nel tuo silenzio?

R. P.

 

 

Io non vivo per me

Io non vivo per me, io vivo solo se mi sento riconosciuta dagli altri, non sono io, non esisto senza gli altri, il mio bisogno di sentirmi amata è dovuto al fatto che io non sento di esistere perché sono io ma solo in funzione degli altri, sono fragile perché il mio esistere in funzione del fuori mi rende fragile come vetro. 
Sono sempre vissuta così, sono sempre stata tenuta insieme dall’esterno, in me non ho mai sentito un nucleo solido, la mia base, eppure esiste questa base, perché io ci sono, io posso esserci perché ci sono però quando si è fuori non si sa che ci siamo, e siamo sempre lì ad aspettarci conferme e amore e attenzioni e considerazione, sempre dagli altri, mai da se stessi, sempre ad elemosinare, sempre in attesa, come cagnolini che aspettano il padrone.
Inizio a vedere questo mio essere come in attesa, mi vedo che sono lì che aspetto, sento di essere fuori e così per un secondo torno a casa.

M. B.

 

Giudicare

Chi giudica molto è frustrato. 
La frustrazione incattivisce e la si sfoga dicendo cattiverie su qualcun'altro. 
Chiunque, non ha importanza chi, purché ci sia un qualunque motivo per giudicarlo.
L'ho sempre fatto, ho assorbito e replicato questo condizionamento, senza mai accorgermi del danno che provocavo agli altri, ma più di tutto a me stessa.
Di questo non ne sono mai stata cosciente.
Giudicare é una violenza verso se stessi. 
Tutte le parole cattive che posso dire ad un altro, mi entrano nella memoria. 
Mi riempio la testa di cose brutte e mi impoverisco di quella energia, quella buona, che mi da serenità e voglia di fare.
Già il giudizio.
Con quale diritto giudichiamo qualcuno? 
Ed io chi sono per fare questo? 
Sono presuntuosa e frustrata, non rispetto l'altro nemmeno nel suo errore.
Magari è un errore per me e per l'altro no.
Chi può decidere giusto o sbagliato? 
Giudizio non porta a nulla, non produce nulla di buono, ma oltre a non aiutare l'altra persona, porta danno anche a me. 
L'abitudine... la nostra vita con ripetute abitudini, piene di errori. 
Così poco amo il mio tempo per sciuparlo così ?
Così poco amo la mia vita?

Gabriella

 

Lui se n'è andato
ed ha portato con sé solo se stesso

Lui se n’è andato via senza portarsi niente. 
Senza valigie, senza scarpe, senza vestiti. 
Ha lasciato nella sua casa scarpiere piene di scarpe estive, invernali, sportive per tutti gli sport.
Ha lasciato negli armadi i suoi abiti, le sue giacche, i suoi giacconi, i cappotti, gli impermeabili, le camicie, i maglioni, le maglie, le magliette. 
Tutto, ha lasciato tutto, ha lasciato i suoi libri, i suoi dischi, le sue cose, infinite cose, infiniti oggetti, centinaia di oggetti.
Ha lasciato tutto, tutto qui nella sua casa, nella nostra casa, nella sua terra.
Tutti oggetti, tutta materia palpabile e quella impalpabile dei ricordi che affiorano nella mente di chi è rimasto, me compresa, me per prima, perché io ho i miei ricordi, altri hanno i loro che non sono i miei e sono diversi dai miei, non saranno mai uguali ai miei, come i miei non sono uguali ai loro.
Ha lasciato qui tutto il fatto, il concluso e l’inconcluso, l’incompiuto, il da fare, il da compiere, il da concludere, da altri, perché lui non lo può più fare.
Chi se ne va così porta via l’essenza di se stesso, la sua anima che non si vede, non sì tocca, non si sente, ma sicuramente tutto è lì, credo almeno, perché questo è ora il mio pensiero, uno se ne va per sempre da qui e va di lì, dove non lo so, e lascia tutto qui perché lì non gli serve più, e allora? 
Allora ho capito che è giusto fare quello che c’è da fare, mentre siamo qui, ma non dobbiamo mai dimenticare che esiste il lì, dove non portiamo niente di materiale che abbiamo qui, ma portiamo quello che siamo.
E allora dobbiamo essere puliti, onesti, corretti, sinceri, sempre, perché non c’è lavatrice che ti pulisca se non ti pulisci tu, non c’è doccia che ti pulisca se non ti pulisci tu; se non tieni l’anima pulita e libera, nessuno lo può fare per te, nessuno lo fa per te, perché nessuno può conoscere te se non te stesso se sei onesto, se non ti inganni, se non fingi, se non nascondi.
Perché anche se nascondi, tutto c’è, anche se non si vede e non lo vuoi vedere, c’è, allora ogni angolo di te va tenuto pulito, illuminato, perché nel buio, nella menzogna c’è la sporcizia, e qui ora e lì dopo, credo, lo sporco fa sempre male all’anima.
Tutto il materiale resta qui, ma l’essenza è qui e dopo, senza lo spazio e il tempo che ci diamo come ci fa comodo o come conosciamo o vogliamo conoscere senza andare oltre.
E oltre bisogna andare, sempre oltre quello che già conosciamo, perché fermarsi al limite che vogliamo tenere per sicurezza è una fregatura, è una nuova prigione, e prigioni ne conosciamo già abbastanza!

Gianna

 

 

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