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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis
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Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
N° 2 - anno 12° - Agosto
2013
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PAGINA 6
"Non muove una foglia che Dio non voglia"
Cornelio Nepote
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Uno sguardo oltre
il mondo
Aprire le porte al nuovo. Non più infossata lì dentro, senza capire né vedere niente.
Cogliere la bellezza del cambiamento, dell’andare avanti, con le mie gambe.
La leggerezza che provo, l’apertura del mio cuore che era lì chiuso, incapace e ostinato.
La caparbietà della vista ridotta che non fa altro che riproporti le stesse cose. Tutto sembrava una via senza uscita.
L’ignoranza sì che è una via senza uscita.
Non vedere al di là del mio naso, senza alzare gli occhi al cielo e verso ciò che mi circonda.
Questa sì che sarebbe una vita misera.
Quante cose non vediamo anche se ce le abbiamo davanti agli occhi. Ci mettiamo gli occhiali, ma continuiamo a non vedere, a non capire niente, non ci accorgiamo delle persone che soffrono anche se le abbiamo davanti. Siamo talmente presi dal nostro mondo e impieghiamo tutte le nostre energie per portarlo avanti, senza vedere quello che ci circonda.
Troppo impegnati a sentirci vittime, che non vediamo ciò che vivono gli altri, che anche loro soffrono.
Quanta poca umanità c’è nel non vedere al di là del proprio naso. Quanto è animalesco tutto ciò.
La vita insegna. Tutto ciò che esiste, esiste per un motivo. Insegna qualcosa.
L’animale non prova sentimento, non c’è umanità in lui, così come non c’è in me quando non vedo oltre il mio mondo, quando guardo solo in una direzione e penso che quella sia la mia vita.
Penso alla frase: “Tutto ciò che esiste è per te, uomo”. Penso all’animale e penso all’uomo. Mi sono vista il mio aspetto animale e quello che mi ha impedito di provare. Mi sono commossa e ho pianto, perché mi è venuto più chiaro.
Il sollievo, la pacatezza, il sentimento, il cuore, l’apertura, la pace, l’armonia, la comunione.
Ti voglio bene.
Stefania
Occhiali da
"vi(s)ta"
Chiudermi, tacere, apparentemente per difendermi, per non lasciarmi sopraffare dalla prepotenza, dall'arroganza degli altri.
Chiudermi perché non so ribattere, non so dire, non so esternare. Non so esprimere a parole il mio sentire.
Il mio pensiero va, macina, rimugina, fa salire la mia ribellione ma mi porta lontano dal punto di partenza, dalla realtà.
Il pensiero rimuginato non mi fa dire, mi fa sentire la mia incapacità insormontabile, senza uscita.
Senza uscita e così subire e basta. Subire, sempre subire anche il mio pensiero contorto.
Chiusura verso gli altri, chiusura verso la vita, chiusura al mio sentire.
Sentire il guizzo di ribellione, guardarlo, capirlo ma non reprimerlo.
Tanto poi salta fuori come il coperchio della pentola a pressione mal chiuso. La pressione sale e sbotta nei momenti sbagliati, fuori luogo, senza controllo.
Sempre repressa, sempre in ansia per compiacere tutti, tutti tranne me.
L'abitudine a non sentirmi è tanta, troppa e troppo vecchia.
L'abitudine è fredda, amorfa.
La mia vita è piena di abitudini, è piena di niente.
Un niente ingombrante che mi fa stare ferma in prese di posizione ottuse ed intransigenti.
Mentre è tutto così semplice: guardare la vita da un'altra ottica, perché è vero che tutti vediamo la stessa cosa, ma ognuno con il suo mondo, il suo bagaglio, i suoi "occhiali" e perciò sempre con prospettive diverse.
Uguale ma diversa. Un punto di rinascita.
G. G.
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