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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 3 - anno 4° - Marzo 2006

PAGINA 6

 "I dubbi sono più crudeli delle parole veritiere"  
Molière

 

Io, questa sconosciuta

Io sconosciuta. 
Sì, so i miei dati anagrafici, so cosa ho fatto, dove sono vissuta, con chi. 
Dove sono andata, cosa ho mangiato, cosa mi piace, cosa non mi piace.
Ma chi sono io? 
Cosa ho dentro?
Argomento tabù. 
Quello che ho dentro è sconosciuto.
Ho le reazioni, ma non so perché. 
Ho gli stati d’animo, ma non so perché. 
Sto bene, ok. 
Sto male, peccato.
Ma non andiamo oltre. 
Sempre ferma lì. 
Non andare oltre. 
Paura, paura di trovare cosa c’è. 
È normale e basta, fermiamoci qua. 
È un peso, ma non lo voglio vedere. 
La benda me la sono costruita negli anni. 
Strato dopo strato.
Non ho mai voluto andare oltre.
È un peso. 
Ma ormai ero abituata a quel peso. 
Non voler andare oltre.
Fredda e scostante. 
Tanta tensione per questo. 
E andavo avanti nel buio.
Ma come ti puoi muovere nel buio? 
Non sai dove girarti. 
Senza punti di riferimento. 
Senza niente. 
Col tuo corpo che vaga, mangia, dorme, studia, guarda la tivù. 
E basta. 
Non oltre.
Andare a vedere cosa c’è oltre. 
Ma non ho mai voluto farlo. 
Abituata ad essere così. 
Non ho mai sentito me. 
Rigida e sulla difensiva. 
Sempre. 
In tutte le cose.
La sofferenza mettiamola da parte. 
Tanto non si può fare nulla.
Ma chi l’ha detto? 
Se non la vedo, certo che non si può fare nulla. 
Se non mi guardo, non andrò mai oltre. 
La superficie ti può far stare a galla, ma che vita è? 
Basta un peso per andare giù e colare a picco. 
Non è vita. 
È essere un’ameba. 
Senza vita dentro. 
Dentro è tutto cristallizzato, non smosso, perché se smuovo chissà cosa succede. 
Paura di smuovere. 
La paura mi blocca. 
Mi fa accettare tutto senza far niente.
Apatia, freddezza. 
Comincio a vedere che sono il risultato di tutto questo, ma non è vita.

Stefania

 

Troppo di casa la mia invidia

L'invidia la conosco. 
Buongiorno entra pure.
Ospite sgradito ma ospitato. 
Gli apro la porta come se fosse un amico. 
È incredibile. 
Ma se non mi piace perché la faccio entrare, che ipocrita. 
Sta ipocrita entra truccata, vestita con abiti eleganti,profumata, con i tacchi a spillo. 
Bastarda si trucca ed io lì ad accoglierla come se fosse un'amica vera. 
Subdola viene a prendere il the a casa mia ed io le servo anche i biscotti.
Alimento il mio essere invidiosa e così divento l'ombra di me stessa e recito un ruolo che non mi piace, che mi rende inutile. 
Che rende inutile il lavoro svolto fino a quel momento.
Tutto si appiattisce e diventa monotono, noioso, a volte violento.
Peccato quanto tempo sprecato. 
Ma.... piano... piano decido di non arrendermi e di andare a fondo perché io sono troppo forte e troppo in gamba per farmi mettere sotto da questa "negatività" che non mi piace eppure mi appartiene.
Allora la scruto, la identifico e riesco a vederla con occhi diversi, sono sempre i miei occhi ma sono diventati più attenti, più coscienti e questa cavolo di invidia la voglio sconfiggere perché ho tanta voglia di andare avanti e non ho voglia di perdere questa fantastica occasione che è la mia vita.

Alina

 

Oggi osservo

Oggi osservavo come i miei sensi possono distogliermi dallo stare “con me”.
Loro svolgono il loro compito, in fondo. 
Anche oggi hanno fotografato come sempre e le foto sono andate subito dritte nella mia memoria. 
Si è creato un pensiero, il primo, e poi tutta una serie di pensieri, velocissimi, mi stavano portando via.
Ho fatto fatica, risalendo a ritroso, a ripescare il primo, quello che mi aveva distolto dal presente, quello che era in relazione a ciò che stavo vedendo e ascoltando in quel momento. 
In questo modo mi accorgo di creare pensieri a vanvera, inutili, perdendomi in cose che i sensi hanno buttato dentro quasi a mia insaputa, cose che non mi hanno insegnato niente, che magari ho fatto entrare con un giudizio. 
E la mia giornata è spesso piena di questi pasticci mentali, ma se non osservo questo meccanismo terribile rischio di rimanere avvolta in un vortice senza né capo né coda, come inebetita.
Magari in auto, in mezzo al traffico, dove l’attenzione mi può salvare la vita. 
Però è bello renderci conto di come siamo, renderci conto che siamo spesso i fautori del nostro vivere. 
Renderci conto che, se solo volessimo, potremmo “esserci” sempre. 
Presenti nella nostra vita, nelle nostre giornate, in ogni momento. 
Come sarebbe bello! 
Ma è difficile, tanto difficile.
Perché è così difficile? 
È come se io avessi la chiave per aprire la porta di casa e la smarrissi continuamente. 
Ma perché non la tengo più preziosa, perché non la proteggo, perché non ne ho più cura, perché non le presto più attenzione?
In fondo non esiste un duplicato. 
Esiste solo la mia responsabilità, la mia volontà e il mio amore per me.

Rosanna

 

 

Ricordi

Ho negli occhi la mia vecchia casa di corso Francia: il portone sul corso, il corridoio, le scale di pietra, l’ingresso dell’alloggio, le ringhiere, il terrazzo. 
Vedo mio padre che torna dal lavoro, con la borsa e tanta stanchezza, mai riposo, ma sempre contento di ogni cosa, sempre gli bastava il poco che c’era. 
Era un animo semplice, contento del nulla, gli bastava un sorriso, una parola di mia madre, di cui era innamorato.
L’amore di mio padre io lo sento ancora, ce l’ho nel cuore, è stata un’onda benefica che ci ha coperti da piccoli e grandicelli, me e mio fratello.
Mai una parola di cattiveria od un giudizio, ma sempre accomodante, poco lamentoso, un animo da signore, anche con pochi soldi in tasca, ma si sa che non è il denaro solamente a fare la signorilità.
Se ne andò alla soglia di anni di benessere e così si porta dietro poco riposo e tanto lavoro e questo è un mio rimpianto. 
Avrei voluto portarlo un po’ in giro, fargli fare un bel viaggio e fargli gustare le carezze della nipotina e tante cose ancora, ma non c’è stato tempo, perché la chiamata ultima è stata improvvisa. 
Ci ha lasciato comunque questa impronta di persona buona ed è bello ricordarlo sempre in questo suo personaggio di altri tempi, fuori dai canoni comuni, attento alle regole e dolce allo stesso tempo.
Buon cammino papà, vorrei averti ancora qui anche anziano per un mio egoismo di figlia, per vivere tutte le cose che con te non ho vissuto.

Luigina

 

               

 

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