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Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 7 - anno 6° - Luglio-Dicembre 2008 - Gennaio 2009

PAGINA 8

   "Una monetina può nascondere il sole,
   ma solo se la tieni abbastanza vicina all'occhio"   

Samuel Grafton

Carneade, chi era costui?

Don Abbondio saliva su dal sentiero leggendo il breviario. 
Poi ad un certo punto trovò il nome di un filosofo. 
Alzò gli occhi dal libro e pronunciò la famosa frase: “Carneade… chi era costui?”. 
Se non lo avesse nominato Alessandro Manzoni nei suoi Promessi Sposi, noi oggi di Carneade non conosceremmo neppure il nome. 
Eppure ai suoi tempi fu considerato parecchio, tanto che i suoi pensieri furono oggetto di discussione persino alla corte dei faraoni egiziani. 
Carneade era un pensatore greco ( nato a Cirene nell’anno 215 circa - morto ad Atene nel 129 circa a.C.). 
Fu il più illustre rappresentante della Media Accademia. 
Era un grande filosofo, ma analfabeta. 
Non lasciò uno scritto, e non lesse nulla. 
Meditava e poneva tutto in dubbio, un po’ come ha fatto Norberto Bobbio in epoca più recente. 
Esiste Dio? 
A questa domanda lui non dice sì, e non dice no. Risponde: è probabile. 
Carneade fu un sostenitore del probabilismo e nel suo insegnamento confutò il sensismo degli stoici e le loro teorie sulla certezza, l'esistenza degli dei, il sommo bene, per predisporre ad una più profonda visione delle cose. 
Essendo analfabeta non lasciò nulla di scritto, ma conosciamo il suo pensiero attraverso l'opera di Clitomaco, un suo discepolo, nato a Cartagine che scriveva in arabo, cosa che complicò l’interpretazione. 
Unica certezza fu la sua partecipazione a Roma come ambasciatore degli Ateniesi, accusati di aver saccheggiato Oropo, città dell’Attica. Carneade parlò per due giorni.
Facciamo un’ipotesi – disse – voi Romani venite ad Atene, la depredate e poi ve ne tornate in Italia restituendo il mal tolto. Il popolo greco vi giudicherebbe saggi. Quello romano, stolti. Giustizia e saggezza non vanno mai d’accordo”. 
I romani gli dettero ragione e restituirono il bottino. 

 

Il biglietto

Nel 1880 Friedrich Wilhelm Nietzsche abitava a Torino, all’incirca a metà di via Po. 
Raccontano le cronache che quelli erano anni freddissimi, la neve cadeva abbondante e la nebbia gravava sulla città in forma opprimente. 
I portici erano illuminati con lampade a petrolio, e le serate erano tetre. 
Il noto filosofo soffriva di depressione. 
Se ne stava alla finestra per intere giornate, ed usciva solo per raggiungere la vicina università. 
Il suo stato di salute mise in allarme l’affittacamere che chiamò un medico. 
Questi visitò lo studioso e gli consigliò un soggiorno in riviera. 
Nietzsche gli diede retta, riempì una valigia di abiti ed andò alla stazione. 
Porta Nuova era gremita. 
Già allora il treno era preso d’assalto dai pendolari. 
Il filosofo non amava la confusione. 
E di mala voglia si mise in coda allo sportello. 
Quando arrivò il suo turno disse con voce profonda: “Un biglietto per Genova, di andata e di eterno ritorno”. 

G. P.

 

 

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