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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis
- 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
NUMERO 2 - anno 1° - Maggio
2003
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PAGINA 3
"Niente può fare del male ad un uomo buono,
nella vita o dopo la morte"
Socrate
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Cultura che divide
Andando verso una
società multietnica, oggi più di ieri appare quanto mai necessario
comprendere la cultura degli "altri", ovvero di coloro che non
appartengono al nostro ambiente o alla nostra civiltà. Ciò non significa
rinunciare a qualcosa che consideriamo un valore fondamentale, ma
piuttosto acquisire nuove conoscenze e stabilire un sereno dialogo di
confronto e non di scontro.
Talvolta, sembra del tutto ovvio doverci difendere da ciò che non
conosciamo, chiudere la porta ad altre culture, anche a quelle vicine a
noi com’è accaduto nel passato nei confronti delle nostre singole
regioni, dove sussistono tuttora notevoli differenze tra di loro, di
indole, di costume e di dialetto.
Ma queste diversità sono presenti anche nell’interno del
microcosmo di una provincia e talvolta persino nell’ambito di uno stesso
comune.
Dentro qualsiasi nucleo umano infatti, si trovano stratificazioni arcaiche
che hanno incrociato influenze tali da determinare comportamenti sociali
particolari. Questi comportamenti, maturati durante la lunga fase di
plasmazione del gruppo, sono il risultato delle generazioni che si sono
avvicendate nel tempo, le quali hanno sempre cercato di dominare le
influenze esterne, nonché il processo di acquisizione degli elementi
estranei all’insediamento originario, attraverso la lotta generata dal
timore istintivo che i propri costumi venissero sopraffatti, deviati o
deteriorati da sollecitazioni di altra provenienza, impoverendo così la
propria cultura.
La chiusura in se stessi, come l’ostrica nel proprio guscio, produce il
ristagno delle idee: la cultura muore dove il pensiero non avanza.
Ad ogni epoca che passa, il sapere umano deve mantenere il suo carattere
dinamico, se vuole rigenerarsi.
Tuttavia, un altro passo pericoloso consiste nella manifestazione opposta
a quella accennata, cioè quando la cultura tenta un balzo repentino in
avanti, non per crescita spontanea, ma per appropriazione passiva di
cognizioni provenienti dal di fuori, senza che queste abbiano avuto il
tempo di mettere le radici nel sottofondo di appartenenza.
Le due indicazioni sono chiaramente verificabili dall’analisi della
nostra storia millenaria, la quale ci fa notare come i periodi di
progresso coincidano con l’apertura verso il mondo esterno, mentre il
loro declino corrisponda alla tendenza all’isolamento.
Del resto, anche le grandi religioni che hanno avuto così profonda
influenza sull’umanità – mi sia permesso di dirlo con ogni rispetto
– sono state rovinose dal punto di vista sociale quando hanno ristretto
e reso statico lo spirito dell’uomo.
Da queste elementari osservazioni, ne consegue che ogni essere umano, ogni
famiglia, ogni paese o nazione si distinguono nel progresso civile solo se
mantengono vivi i fermenti culturali, solo se hanno la capacità di
attingere criticamente dal passato limiti e condizioni, solo se sono in
grado di utilizzare la saggezza accumulatasi dalla propria esperienza
storica e da quella degli "altri". Se manca questa
consapevolezza, l’individuo o il gruppo non si rinnovano e,
conseguentemente, non esprimeranno che scialbe ripetizioni.
Per realizzare quest’apertura, non vi è sicuramente un’unica strada.
L’insegnamento che mi suggerisce la storia, consiste nell’esaminare a
fondo ogni cosa, accogliere e rispettare le opinioni degli altri e cercare
sempre la verità attraverso severe analisi e riflessioni, anche
incorrendo ad inevitabili errori, senza mai affermare a priori "deve
essere così"; ed una volta convinti di una realtà, accettarla,
mantenendo però la capacità di cambiare il proprio parere, qualora si
presentino nuovi elementi di giudizio. Se questo metodo fosse stato più
diffuso e più radicato nel mondo di ieri o, almeno, avesse corso presso
le nazioni, forse molti dei nostri problemi nazionali ed internazionali
sarebbero assai più vicini alla soluzione.
Ed invece, ancora oggi, sia in Oriente che in Occidente, sopravvivono
antagonismi culturali, intolleranze e fondamentalismi religiosi, tendenze
estreme, egoismi ed interessi politici, che non giovano alla cooperazione,
ma producono inevitabilmente divisioni e spesso, anche l’odio e la
violenza.
Mario Ogliaro
Mario Ogliaro, storico, membro del
c.d. della Società Storica Vercellese. Specializzato in diplomatica ed
archivistica, la sua attività si estrinseca in ricerche nell'ambito del
Piemonte in generale e del Vercellese in particolare, con riguardo agli
aspetti civili, militari e religiosi del periodo delle preponderanze
straniere. Oltre a numerosi saggi, ha scritto diversi libri di storia e
collabora con riviste italiane e straniere.
Zenone, 480 a.C., fu il primo a sostenere l'importanza
della cultura storica.
Nel mondo greco la benda attorno al capo era simbolo di sacralità.
Stato d’animo che fa
meditare
Cammino in un paesaggio
invernale. Fa freddo.
Il mio corpo sente freddo, sulle mani, sul viso.
Tutto ciò che vedo mi trasmette freddo.
La natura è addormentata.
Vedo alberi spogli e immagino le loro radici che dormono dentro la terra,
in letargo sotto le foglie gelate.
Vedo alberi spogli come colonne nude, la nudità dell'inverno mi fa
sentire i miei pensieri come sogni,
della stessa sostanza di queste foglie secche che cadono silenziose.
Ora sono dentro la casa, c'è il camino acceso, sento caldo. Mi sembra
quasi che il sangue scorra più velocemente.
Fuori i miei occhi hanno visto solo la natura dell'inverno, solo foglie,
alberi.
Ma in tutto ciò ho sentito nudità, essenzialità nella materia che si
spoglia, per rigenerarsi.
Inutilità di tutto ciò che non è più utile e deve essere lasciato,
altrimenti ci porta via energia. Le foglie senza linfa sono abbandonate
dagli alberi, così sembravano volermi dire di lasciar andare via i miei
pesi.
Materia che è tanto più materia quanto io le do vita. Materia dei
pensieri inutili, di ciò che gira attorno a sé stesso.
Marco Rinaldi
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