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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
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Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
NUMERO 1 - anno 1° - Aprile
2003
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PAGINA 2
Alla ricerca dell'amicizia perduta
di Mario Ogliaro
Il filosofo e poeta greco Epicarpo, vissuto nel VI secolo A.C., scrisse in una sua commedia che gli Dei concedevano la felicità agli uomini al prezzo di grande fatica e alla condizione che avessero un'apertura disinteressata verso il loro prossimo.
Egli non si riferiva certamente al successo, al potere, alla ricchezza, ma a quella particolare predisposizione umana che opera in senso etico con gli altri e per gli altri.
Dopo circa 25 secoli questo aforisma si è talmente sbiadito da non avere più alcun significato. Quel tipo di felicità vagheggiata da Epicarpo che, secondo l'antica saggezza, si otteneva solo con la perseveranza e nel servizio verso il popolo affaticato ed oppresso, sembra sia scomparsa quasi del tutto per lasciare dietro di sé inevitabili conseguenze che si manifestano soprattutto nello svilimento del tessuto sociale: venti di guerra, terrorismo, egoismo dilagante, emarginazione della vecchiaia, sovrabbondanza di pseudo-cultura, banalizzazione degli affetti e dell'amicizia, spesso ridotti a semplici scambi di interesse, tutti aspetti derivanti da una falsa estensione dei caratteri di un progresso e da un malinteso principio religioso, che da una parte tende sempre di più a spersonalizzare gli uomini in una giungla dei rapporti interpersonali, e dall'altra mira ad accentuare la dilatazione del consumismo dei popoli ricchi e a relegare gli altri nell'"isola che non c'è".
Ma intendiamoci: rendere migliore la qualità della vita deve essere considerato una nobile impresa, così come deve esserlo il cammino della civiltà e del progresso.
Tutto sta poi a vedere come si utilizzano le scoperte o come taluni scienziati perseguano i loro fini, magari senza curarsi di far violenza su una legge di cui la natura sola vuole essere suprema custode e modellatrice. Il rischio sotteso, ma reale, è quello di essere in qualche modo condizionati da questa civiltà tecnologia avanzata: si lavora, si produce e si consuma, si affrontano problemi in modo sempre meno differenziati e personali. Procedendo di questo passo, forse non è lontano il tempo in cui gli scarti di preferenze, gusti, giudizi, emozioni, si ridurranno ancora fortemente sotto la spinta continua e massiccia dei mezzi di comunicazione, come ad esempio la televisione, che operano con un bombardamento quotidiano spesso indifesa di moltissime persone.
Se da una parte vi sono stati vistosi cambiamenti esteriori nella società e nel costume, nella nostra interiorità siamo rimasti però del tutto simili ai nostri progenitori.
Dentro di noi, nel nostro profondo, nella parte più vera, più specificatamente umana, tutto è uguale da secoli. Le nostre passioni fondamentali sono uguali. Da sempre ci torturiamo per comprendere il mistero della vita e della morte, da secoli ci dibattiamo nella paura dell'al di là, da sempre cerchiamo di riconoscerci senza riuscirvi.
La moderna tecnologia ci mette a disposizione una vasta gamma di strumenti impensabili, dal telefonino all'internet, ma nel nostro cuore e nella nostra essenza, siamo identici agli uomini di tutti i tempi. Pensiamo un momento alle nostre passioni: l'arrivismo politico, il potere, oil protagonismo, sono le ambizioni più insidiose e più forti, identiche oggi come nel Trecento e nel Settecento. Così è nei rapporti affettivi, che crediamo i più liberi, perché investono la nostra parte più nobile e apparentemente meno caduca, quella che alimenta lo spirito, quella che fa davvero aspirare all'infinito, all'eternità. Ma il ritmo incalzante della vita incide in maniera determinante nelle manifestazioni delle relazioni e, in questo mondo che cambia esteriormente così in fretta, è arduo coglierne tutta la dimensione e prevederne le conseguenze.
Forse si rende necessario, come suggeriscono alcuni, di cercare degli antidoti, o meglio delle difese ed imitare l'esempio delle figure solitarie e ribelli, al fine di evitare l'adattamento della persona alle imposizioni che provengono dall'esterno.
Sarebbe tuttavia errato affermare che vadano scomparendo i fermenti benefici della capacità di assumere atteggiamenti critici, o comunque non telecomandati, anche se molte proteste di intellettuali isolati risuonano oggi nel vuoto, come voci che gridano nel popoloso deserto delle nostre città.
In realtà viviamo in un'epoca dinamica e non in una situazione statica e cristallizzata com'era ad esempio l'ambiente rurale del passato. Tutto ciò, paradossalmente, fa sentire più acuto il pensiero della solitudine e il bisogno di amicizia, di solidarietà, come sosteneva Jean Paul Sartre. Ma dove il guscio dell'egoismo si è fatto stretto, lì non può esserci margine per un simile sentimento, soprattutto per quello evocato da Epicarpo e successivamente da Pascal, inteso come fiducia che due o più persone dimostrano scambiandosi i pensieri più genuini, senza timori e senza la maschera sul volto, perché in questo abbandono vedono realizzata l'uscita dalla malsana oscurità delle proprie angosce, in questo abbandono vedono concretizzata l'autentica espressione di quel sentimento antico e sempre presente, che rimane uno dei cardini fondamentali della nostra civiltà.
Mario Ogliaro, biografia
Mario Ogliaro, storico, membro del c.d. della Società Storica Vercellese. Specializzato in diplomatica ed archivistica, la sua attività si estrinseca in ricerche nell'ambito del Piemonte in generale e del Vercellese in particolare, con riguardo agli aspetti civili, militari e religiosi del periodo delle preponderanze straniere. Oltre a numerosi saggi, ha scritto diversi libri di storia e collabora con riviste italiane e
straniere.
Riflessioni
a cura di A.
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Ho capito che siamo fatti di dualità.
E' fortissima, ma se la comprendi bene vedi come agisce nel tuo pensiero. Agisce con i dubbi, con i sensi di colpa, con le incertezze, con il cambiamento di opinione. Quando la vedi e la senti insinuarsi sottilmente nel tuo pensiero, gli occhi ti si sono già aperti. Sai come funzioni e non hai più paura. Succede una cosa bellissima: ti giudichi molto di meno.
Ogni giorno è sempre diverso da un altro. Io avevo la pretesa che la vita fosse sempre come la volevo io.
Non sapevo piegarmi dolcemente ad essa e coglierne le diverse sfumature.
Non ero attento e non conoscevo come siamo fatti; potevo immaginarlo, ma provarlo su di me è stato molto importante. Come funziona il mio pensiero? A volte non lo capisco, ma ora più di prima sento nel mio pensiero insinuarsi la parte negativa e quando la riconosco ho la forza per combatterla e per tenere più pulito il mio spirito.
Danilo
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