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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis
- 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
NUMERO 1 - anno
2° - Gennaio 2004
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PAGINA 3
"La coscienza si espande
per incontrare un amore più grande del conosciuto"
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Filosofia nell'arte
"I te filosofi" di
Giorgione
A circa 30 anni Giorgione eseguiva la grande tela dei "Tre Phylosophi".
Il significato del dipinto sfuggiva già a Vasari, quando ne scriveva nelle sue "Vite" e, nel tempo, gli studiosi hanno elaborato diverse interpretazioni di questa che è una delle più enigmatiche opere dell'arte rinascimentale.
A partire dall'Ottocento i "Tre Phylosophi" è così interpretata: le tre età dell'Uomo, intese come età esistenziali (giovinezza, maturità, senilità) ed età storiche (primitiva, classica e moderna, oppure antica, medievale e contemporanea). Altre spiegazioni vedrebbero, nei tre saggi, i tre momenti della sapere umano: filosofia aristotelica (il vegliardo barbuto a destra), filosofia medievale (la figura con turbante) e la giovane filosofia neoplatonica (la figura seduta con squadra e compasso, simboli del razionalismo rinascimentale).
Wickhoff vuol riconoscere nelle tre figure Evandro, Pallante ed Enea, mentre Schaeffer identifica Marco Aurelio nel vegliardo barbuto, in compagnia di giovani seguaci.
Interpretazioni differenti propongono temi di attualità di cui si sarà perso il ricordo, di eventi storici o di episodi mitologici criptati nelle immagini, per contenerne la comprensione all'interno di pochi iniziati, se non addirittura limitata al solo committente (forse l'aristocratico veneziano Taddeo Contarino, in casa del quale l'opera era nel 1525).
Le radiografie hanno permesso di studiare le varianti formali rispetto alla versione definitiva (figura centrale in vesti più "orientali" e figura barbuta con aureola o diadema) e ciò ha indotto la critica a confermare l'ipotesi (già avanzata dal Michiel nel 1783) che l'opera tratti il tema dei Magi, secondo una visione laica (attesa scientifica dell'astro), piuttosto che secondo l'interpretazione neotestamentaria (viaggio, guidato dalla Stella, e adorazione del Neonato).
La tavoletta con segni astrali in mano al vegliardo conferma, ma permane il tema evangelico nei dettagli allusivi alla Natività salvifica e alla Passione.
Secondo le convenzioni dell'epoca l'immagine si legge da destra verso sinistra e per questo i protagonisti sono decentrati, posti nel primo settore.
Sull'opposto settore di sinistra il campo pittorico è interamente impegnato dal cupo misterioso di un antro, presso cui la critica individua un fico e un tralcio di edera, che insieme alluderebbero al sacro Legno, mentre la sorgente d'acqua viva è metafora della Grazia.
Il cielo è al tramonto, ma un chiarore "orientale" illumina la sommità della grotta, la quale si connota per la doppia valenza di rifugio dei Progenitori cacciati
dall'Eden e di conca terrena che accoglie l'Incarnato Figlio di Dio: dall'oscurità del peccato, alla nuova luce del Salvatore. La lussureggiante flora di destra si spoglia nell'inverno dell'attesa messianica con i tronchi nudi, per poi rifiorire nei primi germogli del sottile alberello che sorge dalla Grotta.
L'eterogeneità delle parti è fusa, in un tutto unitario, dalla sigla stilistica di Giorgione, che dipinge "quasi sanza far disegno", espressione di Vasari significante che le figure non sono contornate dalla linea di profilatura esterna, secondo la maniera fiorentina, superata da Leonardo con lo "sfumato" chiaroscurale, appreso da Giorgione quando Leonardo era a Venezia nel 1500 ed elaborato dal giovane dipintore chiaroscurando i toni con i colori complementari, da cui deriva la varietà delle tinte naturali, che proprio da Giorgione prende il nome di "tonalismo", il quale a Vasari appariva "vivacissimo colorito", anche nei campi in ombra.
Contenuti simbolici e sperimentalismo scientifico s'incontrano, dunque, nei "Tre Philosophi", il cui significato allegorico, forse iniziatico, si è perso nelle mutate circostanze storiche e culturali della Controriforma, dell'Illuminismo, del Positivismo e del Modernismo tecnologico del Novecento.
Enzo Papa
Uno scritto
arrivato da amici di Ego in viaggio
Ciao,
siamo andati al matrimonio di nostra nipote e il sacerdote ha letto agli sposi questo brano che ci è piaciuto molto.
L'autore è un poeta uruguaiano che si chiama Luce Irigaray:
"Per custodire te e me, per rimanere due, devo imparare l'amore.
Scendere nel cuore, mantenere il respiro, non esaurirlo nell'opera,
non esaurirlo nel mentale.
Armonizzarlo tra le spalle. Finché crescano delle ali.
Ripiegate intorno a me, mi aiutano a Restare in me,
a non uscire da me per nulla, a resistere alla seduzione,
alla violenza.
Contemplo il fuori ma anche il dentro.
Penso senza rinuncia a te, a me, a noi.
Il respiro va e viene vita, affetto, intenzione.
In me.
In due."
Da "Essere Due" di Luce Irigaray
Ciao, un abbraccio a tutti e Buon Natale
Vanna, Sita e Marco
Ridere e sorridere
Una delle prime cose che mi venne a mancare quando sono stata male è il Ridere!!.
Da ragazza ho sempre riso molto, ricordo che con le mie colleghe c'erano giornate in cui il ridere a volte anche scioccamente era all'ordine del
giorno!
"Che bello è RIDERE", è come se in quell'istante tutto ciò che c'è attorno a noi diventa gioioso e ridicolo.
È un lavaggio benefico per il nostro Cervello, nulla di male esiste attorno a noi e tutto il corpo ne trae beneficio.
Col tempo però ho anche imparato a SORRIDERE che è ben diverso, il sorriso nasce dal di dentro e non può mentire, esprime un qualcosa di conosciuto che si emana dall'interno e va all'esterno con un semplice movimento del nostro viso e non può ingannare perché sorridono anche gli occhi.
IL SORRISO è l'espressione dell'anima.
Che si serve di me.
Generosa
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