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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
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Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
N° 1 - anno 13° - Marzo
2014
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PAGINA 8
"Il cielo ci ha regalato l’abitudine: un buon surrogato della felicità"
Puskin
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I
grandi Filosofi
Zenone di Cizio
Il celebre filosofo Zenone di Cizio visse in Grecia 300 anni prima di Cristo.
Figlio di un mercante fenicio e mercante anche lui, un giorno, giunto ad Atene lesse su un papiro scritto da Senofonte i Memorabili di Socrate. Trovò quello scritto di grande interesse e da questo incontro casuale sarebbe nacque il suo interesse per la filosofia, la scienza del sapere.
Aprì la sua “scuola di Filosofia” in una delle zone più belle di Atene, tra aiuole e prati verdeggianti. L’aula era tutta in pietra, ma per proteggere gli studenti dal torrido calore estivo, aveva fatto costruire un porticato che coprì con una stuoia di canne. I portici in greco si chiamano stoà e per questo i suoi discepoli vennero chiamati “stoici”, e “stoicismo” la filosofia da lui insegnata.
Secondo Zenone, per riuscire nella vita e superare le inevitabili avversità, è importante mantenersi sempre forti di animo. “Dovete rimanere imperturbabili di fronte alle sventure, anche quando la vita vi riserva eventi particolarmente gioiosi. Trattenetevi dal pianto nella sciagura e siate parvi di gioia davanti ai favori della fortuna” .
Secondo Zenone non è l’uomo a costruire il proprio futuro, ma il destino. Una sorte di fronte alla quale gli uomini non possono far nulla, se non accettare, in bene od in male ciò che il fato riserva. E quindi è inutile - aggiungeva - voler andare a dar di cozzo contro la sorte”.
Uno dei suoi discepoli si alzò e disse al filosofo: “Se è vero quel che voi dite, maestro, è inutile contrapporre la nostra volontà a ciò che potrebbe accaderci. Ne consegue che di fronte ad un ineluttabile destino, sarebbe perfettamente inutile resistere alle tentazioni.”
Detto ciò il ragazzo si avvicinò cautamente alla borsa che Zenone aveva appesa allo schienale di una sedia, e con scaltrezza gli rubò alcune monete. Il maestro se ne accorse. Lasciò passare qualche minuto, poi si avvicinò all’alunno ed a bruciapelo, puntandogli l’indice sul petto, gli domandò: “Ragazzo, ti ho visto, perché mi hai derubato?”
“Maestro - rispose questi - io non volevo, il cielo mi è testimone, non volevo toccare la tua borsa, non volevo infilare una mano in essa, e quando ho sentito che c’erano delle monete, non volevo assolutamente prenderle. Il cielo mi è testimone. E’ il mio destino che mi ha spinto a frugare nella tua bisaccia, Maestro... il fato, fatale ed ineluttabile. Io non volevo, te lo giuro. Ma è la sorte che ha spinto il mio braccio nella tua borsa, ed a sospingere la mano là dove tieni il denaro. Io rubare… e quando mai?”
“Quello che dici è vero - rispose Zenone sorridendo - e non posso certamente contraddirti, perché, se lo facessi, metterei in ridicolo quello che ho appena esposto in questa lezione. Il fatto è che tu, ragazzo mio, hai seguito solo la prima parte del tuo destino, ed hai trascurato… con negligenza, la seconda parte.”
“E quale sarebbe la seconda parte della mia sorte?”
Zenone guardò gli altri alunni, impietriti dalla curiosità di come il maestro sarebbe riuscito a risolvere la matassa.
“La seconda parte della tua sorte è quella di essere bastonato figliolo, cosa che farò immediatamente sino a quando non avrai rimesso il mal tolto nella mia bisaccia!”
Detto fatto prese una nodosa verga e bastonò il ladruncolo.
Tutti risero, e ci fu gran fracasso.
Zenone ordinò il silenzio: “Avete appena assistito ad una lezione di filosofia pratica. E dal vostro vociare ho capito che avrete buon argomento per discutere la cosa tra di voi. Ora restituite al silenzio quest’aula, e ricordatevi di essere sempre composti, e mai sguaiati. Chi rompe il silenzio infrange la natura. Vi siete mai domandato come mai l’uomo ha una sola bocca e due orecchie?”
I discepoli s’interrogavano l’un l’altro, ma nessuno sapeva rimandare al Maestro una risposta convincente.
“Abbiamo due orecchie ed una sola bocca - rispose Zenone - perché dobbiamo ascoltare il doppio di quello che diciamo”.
I.D.R.
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