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Ego - il giornale
Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 3 

 anno 13°

Dicembre 2014

PAGINA 3

   "Ovunque si bruciano libri, o prima o poi si finirà col bruciare uomini"   
Giacomo Leopardi

Ho capito che non capivo

Ho capito che non capivo bene quando Carla più volte ci diceva e ci ripeteva: “Vi state abituando a venire qua”. Ora che sono tornata dalla mia Sardegna, dove ho visto, sentito tante cose che appartengono al mio passato, mi sono accorta che ero entrata nell’abitudine, senza rendermi pienamente conto di quanto nel tempo sia cambiata, di quanto aiuto amorevole ho ricevuto e continuo a ricevere per migliorarmi, per prendere coscienza sempre di più di chi sono, per diventare un essere umano sempre più cosciente della mia esistenza, della mia vita, del rispetto della sacralità della vita che mi è stata donata. Quei quindici giorni in Sardegna mi hanno fatto da specchio, ho visto attraverso il comportamento dei miei vecchi amici, come in un film, come ero, da dove ero partita, ed il cammino che ho fatto in questi anni, anni che nel film non avevano tempo, ma il tempo c’era. Ho visto negli occhi dei miei amici quello che io ero, ho visto nelle loro azioni quello che io ero, ho sentito dalle loro parole quello che io ero. Ho sentito e riconosciuto e rivisto, attraverso loro, le mie rabbie, le mie frustrazioni, le mie sofferenze, il mio orgoglio, le mie invidie, la mia permalosità, il mio potere, la mia arroganza, la mia superbia, tutta la mia ignoranza da cui sono partita, e ho visto come l’altro è un altro da me, ma è anche me. 
E ho provato un grande dolore vedendo il loro dolore che loro non vedevano, come io non lo vedevo allora. 
E ho visto anche che non vedevano il mare, le piante, la terra che anche io allora non vedevo. 
Ho visto che nei loro occhi c’era quel velo che li rendeva ciechi, come ero cieca io. E mi sentivo stringere il cuore perché mi sentivo impotente davanti a tutto questo e ho capito meglio quando Carla ci dice che molti come nascono muoiono. Ed io oggi ho visto con più chiarezza che non sono più uno zombie che cammina nel vuoto, ma un essere umano con dignità e coraggio.
Grazie Carla, dal profondo del mio cuore, nuovo.

Ca. Gi.

 

 

Il dono di Ego

E’ difficile riuscire a spiegare in poche righe ciò che mi ha donato la Ego in questi miei primi otto mesi di frequentazione. 
Prima di tutto ringrazio Federica, che ha saputo riconoscere in me una persona predisposta nel voler comprendere molto, di tante cose. Così, un mercoledì di ottobre 2013, mi ha portata alla serata dedicata alla Filosofia. Da allora, non sono più riuscita a farne a meno e il mercoledì alla Ego è diventato un qualcosa di irrinunciabile.
Mi sento fortunata nel poter ringraziare Carla, perché all’età di 32 anni ho iniziato a capire qualcosa di più su molte domande che avevo dentro, ma che non trovavano spiegazione. Sono una persona che ha sempre cercato risposte su se stessa. 
Carla riesce con semplicità e con poche parole a rendermi leggera. Mi sento libera dalla pesantezza interiore che avevo fino a qualche mese fa.
Ho imparato che ciò che sento io non sarà mai uguale a ciò che sente un’altra persona. Sembra un concetto semplice, ma in realtà, se lo capisci davvero, una grossa sofferenza se ne va per sempre dal cuore.
Ognuno di noi è unico! Prima pensavo: “Certo, che bello!”. Adesso invece credo di aver davvero compreso il significato di essere unico. Ognuno di noi lo è, perché ognuno di noi sente in modo diverso, in base ai propri bisogni ed alle proprie necessità del momento. Ecco che in Amore, se non commetto l’errore di pensare che l’altra persona “sente” come me, divento libera di amare per ciò che sono ed è una sensazione bellissima.
Carla mi parlò del “sentire” la prima volta che mi conobbe e già dalla prima volta mi aprì un mondo nuovo, bellissimo, che sto cercando di fare mio.
“Essere o non essere”, fino a qualche tempo fa avrei detto che è una frase dell'Amleto di William Shakespeare, ma che in fondo non avevo mai capito. Oggi mi sento molto fiera di dire che finalmente per me questa frase ha un senso! Per me vuol dire: ”vivere con abitudine o con consapevolezza? Sono un morto che cammina o sono un essere vivente appartenente alla specie più evoluta, quella umana?
E poi la rabbia, la delusione, il senso di colpa, l’invidia, sto imparando che sono sentimenti che non bisogna provare perché restano a me. 
Se sono arrabbiata a chi rimane la rabbia, a me o all’altra persona? Rimane a me, nella mia memoria.
Se sono delusa per qualcosa e resto in quel contesto di delusione, quel sentimento a chi rimane se non a me e alla mia memoria?
Il senso di colpa.. sto imparando a capire che fa parte della parte negativa che abita in noi. Mi rendo conto che in me viene fuori in momenti in cui le cose stanno andando bene. Ed eccolo lì! Un pensiero che non c’entra nulla in quel momento, mi torna in mente e si trasforma in senso di colpa dicendomi: “eccomi, sono pronto ad oscurare un po’ della tua serenità”. 
Sto semplicemente imparando a riconoscerlo e a mandarlo via.
E poi l’invidia. E’ la cosa più subdola, la più difficile per me da ammettere e riconoscere ma ho imparato che è quasi impossibile non cadere nella sua trappola. Sto però anche imparando che se la sai riconoscere, perde di importanza. Perché l’invidia alla fine è fatica, non porta a nulla di positivo. Mi porta rabbia, insoddisfazione, inadeguatezza ma io dico: ”chi me lo fa fare?”
Ecco che ho imparato che la memoria è importante e che più la libero dai sentimenti negativi, più evolvo e più evolvo, più sono consapevole di me stessa. 
Sto imparando che la memoria e la coscienza sono le uniche cose che porto con me anche dopo la morte.
Allora una cosa mi è chiara, voglio evolvere il più possibile in questa vita, ripulire la mia memoria più che posso, perché ciò che faccio oggi, è ciò che mi ritroverò domani. Sarebbe stupido rimandare.
Mi sento fortunata ad aver capito queste cose. Sul come fare, ci lavorerò, insieme a tutto il gruppo della Ego.
Ho capito che tutto è incominciato da una vibrazione e che l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Oggi comprendo il significato di “immagine e somiglianza” . Dunque l’uomo è fatto per creare e quindi anche io ho dentro di me questo dono e non vedo l’ora di scoprire di cosa sono capace. E’ un pensiero bellissimo.
Dopo questi mesi passati insieme, mi rendo conto di quanto siamo poco evoluti nel cercare di uccidere altri uomini. L’uomo è unico nella sua specie. 
Mentre io cerco di capire il senso della mia esistenza, l’uomo moderno spreca la propria intelligenza nel creare armi chimiche per uccidere altri uomini. L’uomo primitivo usava la clava, ma poco cambia.
Credo che nella mia vita passata mi sia meritata l’occasione di conoscere tutti voi e soprattutto Carla.
Questo mi rende felice perché vuol dire che già in passato avevo voglia di evolvere e di capire il vero senso della Vita. Non mi interessa fin dove arriverò, per me l’importante e aver trovato tutti voi e la voglia che ho di andare avanti e di non fermarmi mai.
Grazie di tutto Carla.

Daniela

 


Gloriana Griseri

La "Regina" di "Interno2"


Nella mia memoria esiste una donna che è arrivata negli anni novanta nella nostra Associazione “Ego”. Era confusa e piena di capacità inespresse. Ciò accade a quasi tutti noi. Si chiamava Gloriana Griseri. Il suo bisogno più grande era vivere il sentimento affettivo ed il lavoro.
Si è fatta le sue esperienze e fra tutte le donne che ho conosciuto, posso affermare che Gloriana non ha mai rivendicato nulla dall'uomo che amava. Questo con tutta serenità e naturalezza. Lei non aveva risentimenti di nessun genere. Era abituata a “cavarsela” da sola. La vita se l'è costruita piano piano, esperienza dopo esperienza.
La grande energia le scaturiva dalle conferme e scelte giuste fatte nel corso della sua esistenza.
Ricordo con quanto coraggio e determinazione in quegli anni novanta, quando abbiamo parlato e dato forma al noto locale di Saluzzo “Interno2”. Lei, con le sue braccia, ha dato la tinta ai muri. Lei sceglieva i colori e le stoffe per i divani. Aveva una raffinatezza che sgorgava nel suo fare.
Man mano che comprendeva se stessa, l'idea prendeva subito forma nell'azione, è così è diventata “regina” del suo locale. In questa sua continua azione era aiutata dalla mamma, sempre presente nella sua vita. Premurosa, affabile cercava di accontentarla, cosciente di quanto la madre aveva fatto per lei.
Gloriana sapeva scegliersi i collaboratori, e dare loro i giusti suggerimenti con fermezza ma nello stesso tempo pieni di comprensione. Se necessario sapeva cosa era giusto, equilibrato. Negli ultimi due anni diceva di sentirsi stanca, ed aveva deciso di cedere il locale a Paolo Lautero ed a Nicolò Artusio, valenti operatori del settore che nominava sovente ed avevano lavorato con lei per molti anni. Di sicuro è la giusta continuità dell' “Internodue” che prosegue l'attività.
La profondità interiore l'ha sorretta nel corso della vita, specialmente quando si è ammalata. Ci telefonavamo spesso e cercavo di aiutarla invitandola a rimanere in se stessa . La sua voce era quella di sempre: calma e serena. Anche quando , qualche giorno prima di andarsene, mi disse: “ Devo proprio prepararmi a morire. Mi spiace lasciare tutto quello che ho fatto, che vedo, che conosco!” Le risposi: “ Gloriana stai con te, in te, …. li ci sei tu ed il tuo cuore.” Tutte e due sapevamo che non ci saremmo più sentite.
E tu oggi, Gloriana, sei nel cuore di tutti noi della “Ego”, sei parte della nostra memoria.

Carla Orfano

 

Il nostro "binocolo"

Abbiamo due occhi nella parte superiore del viso, per guardare davanti, per guardare in alto, per guardare in basso, per guardare a destra, per guardare a sinistra, basta girarli e noi vediamo tanto, già tanto, solo davanti. 
Ma se vogliamo vedere dietro, dietro di noi, dobbiamo girarci, ruotare il corpo e guardare dietro. 
Poche volte facciamo questo movimento, quando abbiamo perso qualcosa e ci fermiamo per guardarci intorno, per tornare indietro, per cercarla; quando abbiamo intravisto qualcosa passando in una strada, c’è sfuggita e la vogliamo rivedere, meglio da fermi; quando abbiamo paura di qualcuno e dobbiamo correre in avanti, ma ogni tanto, velocemente, giriamo il capo per vedere se quel qualcuno è ancora dietro di noi e quanto è distante da noi. 
Ma con i nostri occhi interiori non dobbiamo fare tutti questi movimenti, sotto, sopra, a destra, a sinistra, di fianco, non dobbiamo ruotarci per guardarci dentro. 
Quando vogliamo guardarci dentro, ci vediamo e basta. Vediamo quello che ci avviene nel presente, tutti i movimenti del nostro pensiero, dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, dei nostri stati d’animo, delle gioie, delle sofferenze, dei balletti delle emozioni, belle o brutte che siano, emozioni sono. 
Vediamo i balletti dei sentimenti. 
Vediamo i dolori che diamo con le nostre parole e le nostre azioni, vediamo i dolori che riceviamo con le parole e le azioni degli altri, ma vediamo anche il sollievo e le gioie che diamo e che riceviamo. 
Vediamo i flash dei ricordi, vediamo il passato a spezzoni di film o di film interi. 
Quante cose vediamo o possiamo vedere quando siamo con noi, attenti a noi, senza neanche muovere per un secondo gli occhi del nostro viso, senza neanche muovere alcuna parte del nostro corpo fisico. E quando siamo con noi, realmente con noi, quello che è fuori, quello che è all’esterno di noi, i nostri occhi lo vedono diversamente, come se i nostri occhi avessero a loro volta altri occhi, altre luci, e tutto allora appare con un’altra luce, per quello che è. 

Giovanna

 

 

Se ne stava per terra

Se ne stava seduta sul gradino del marciapiede, alla fermata del pullman, la testa piegata sotto le braccia, raggomitolata su sé stessa, ed io nell’altro marciapiede di fronte, in attesa del mio pullman, che mi avrebbe riportata a casa. Vedevo quella ragazza, nessuno la guardava e nessuno si fermava. Non ho retto a quella vista, ho attraversato la strada, mi sono avvicinata a lei, le ho toccato la spalla e le ho chiesto “Stai male?”. Lei ha alzato il viso, il suo viso sciupato, devastato, gli occhi neri grandi, spaventati, senza età, le ho richiesto “ Stai male?” e lei mi ha risposto “No, non sto male, ho fame” E’ stata una frustata nel mio cuore, quel “ho fame”. Mi sono gelata, aveva fame. Ma come, avere fame, non vuol dire star male? Ho aperto la mia borsetta, il mio portafoglio, cercavo un euro, non c’era, le ho dato una moneta da due euro, con fatica. Lei li ha presi, si è alzata in piedi lentamente e mi ha chiesto "dov’è una panetteria". Ed io scioccamente le ho detto “Vai a mangiare qualcosa al bar lì vicino, prenditi un panino” E lei mi ha risposto “No, al bar no, il panino costa troppo, mi dica dov’è una panetteria” Le ho indicato il mercato lì vicino e le ho detto “Vai lì, c’è la panetteria e il pane costa meno” Si è alzata e si è diretta verso il mercato. Io ho attraversato la strada verso il mio marciapiede, per prendere il mio pullman. Ho continuato a seguire con lo sguardo quella ragazza senza età, che s’incamminava verso il mercato. E pensavo, pensavo a quella frase “Ho fame”, alla mia sciocchezza di dirle vai al bar. Ho realizzato che con due euro non avrebbe veramente potuto comprarsi un panino al bar, ma mezzo chilo di pane si, forse. Due euro e solo allora ho realizzato che con due euro oggi si può comprare un chilo di pane. E ho rivisto di colpo la mia fame da giovane. Con il corrispondente di due euro, circa quattromila delle vecchie lire, nel 1974 mangiavo tredici volte alla mensa universitaria, tredici giorni ed oggi non compri neanche un chilo di pane. Allora avere quattromila lire in tasca ti salvava dalla fame per tredici giorni. E guardavo il mio mazzo di peonie che tenevo strette nel mio braccio destro, fiori costati il doppio di quei due euro dati alla ragazza. Stringevo la mia busta della spesa che tenevo con l’altro braccio, e ringraziavo Iddio perché da tanto tempo non devo più fare i salti mortali per mangiare tutti i giorni, perché ho una casa, perché ho il frigo pieno e non soffro più la fame.

Gianna C.

 

 

 

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