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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis
- 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
N° 1 anno 16° -
Gennaio
2017
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PAGINA 6
"L'anima che può parlare con gli occhi può anche baciare con uno
sguardo"
Gustavo Adolfo Bécquer
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Un bacio della
mia mamma
Oggi la guardavo e sentivo che il pensiero che ho nei suoi confronti è come un’opera di conservazione, per qualcosa di unico e prezioso, di vissuto e di esperienza, come dovrebbe essere ogni vita, un capolavoro in quanto vita. Anche se oggi il miracolo della vita è ovunque non compreso e mortificato.
Lei è mia madre. Lei c’è, è una vita che continua, che devo conservare serena, senza preoccupazioni, con i suoi affetti accanto.
Questo lavoro di conservazione lo faccio per lei ma è come lo facessi per me. Rimane nella mia memoria. Come rimarrà nella memoria di entrambe l’esserci ritrovate quasi da sconosciute, con la simpatia, le risate, le canzoni dei suoi tempi e i ricordi buffi che la fanno sentire viva e partecipe di un umorismo che ha sempre espresso così poco. Come rimarrà nella sua memoria il mio rispetto che chiama il suo, anche se, nei suoi confronti, sento qualcosa di ancora diverso oggi, misto di dolcezza e tenerezza, qualcosa che fa bene a me prima di tutto e fa bene a lei.
Quando le do un bacio mi dice “grazie” e in quel grazie c’è tanta riconoscenza come di chi ne ha ricevuti pochi. E allora le dico: ”mamma, ne dai uno anche a me?” e le avvicino la guancia per avere anch’io il mio bacio, un bacio da lei, dalla mia mamma. Baci quasi sconosciuti, un’emozione sconosciuta la sua bocca sulla mia guancia. Gliel’ho chiesto io quel bacio perché anche lei ha bisogno di avere questo, questa che deve essere per lei un’emozione sconosciuta come per me riceverlo.
Come quella di tenere la sua mano tra le mie mentre siamo sedute accanto, gesti che sono stati assenti nel nostro vissuto insieme. Anche quando pensavo di aiutarla e le sedevo accanto per farle compagnia. Ora capisco che non era la stessa cosa. Ero ancora gradini indietro, c’era solo il mio bisogno di gratificazione per farmi dire brava, di mostrarle che ero in grado io di provvedere a tutto, che ero la figlia che lei si aspettava, non quella incapace che aveva covato rabbia e sensi di colpa nei confronti di quella mamma perfetta che l’aveva sempre tanto sgridata e che ora aveva bisogno di aiuto.
La mia grande grandissima fortuna è l’aver intrapreso a suo tempo questo percorso di ricerca che mi ha fatto comprendere talmente tanto di me che, da potenziale aguzzina quale sarei diventata con lei con tutti i rancori che mi portavo dietro, ho iniziato la mia trasformazione in “essere umano” un lavoro che sto continuando perché non c’è mai fine alla bellezza.
E, nonostante a volte le circostanze mi portino a qualche piccola rinuncia, ciò che ho guadagnato è un’esperienza così grande che da sola vale una vita. Anzi due.
E questo è l’amore dentro di me che sto riconoscendo e che avviene solo quando andiamo incontro a noi stessi. E si sente quando viene fuori, quando emerge, piano piano, come il globo di fuoco dal mare nell’aurora e tinge di colori incredibili cielo e mare….. sento che è nato.
Rosanna
Sapersi osservare
In questi giorni di festa ho fatto il pieno di invidia. Un invito a casa dei miei amici al mare. Una casa con giardino con un bel tavolo dove poter pranzare all’ombra di due aranci in fiore dal profumo intenso. Meraviglia! Un’atmosfera tranquilla, vicino al mare con un clima piacevole tutto l’anno. Che invidia.
Osservandola la immaginavo mia, arredata da me. Non avrei messo quella accozzaglia di mobili. Oltre l’invidia anche il giudizio, la critica.
Anch’io ho una bella casa, ma in città e non al mare.
Tutto quello che gli altri hanno più di me mi fa scattare l’invidia ed è così forte che non mi fa gustare il momento piacevole del convivio, il trascorrere ore spensierate con gli amici che tra l’altro mi hanno invitata ad un pranzo sublime con tutti gli onori del caso e dentro di me non li ho ringraziati col cuore ma semplicemente con abitudine.
Marisa
Iniziare il rispetto
Andando avanti con la ricerca gli altri mi fanno sempre più da specchio.
Guardo attentamente i comportamenti delle persone che frequento.
Il saper stare con gli altri, interagire con l’esterno è capacità di pochi.
Ho compreso quanto è importante il sapersi comportare senza nuocere a nessuno.
Io con il mio modo di fare esuberante, per il mio bisogno di primeggiare spesso mi lascio andare a parlare a vanvera, a pettegolezzi e chiacchiericci futili senza pensare a quale sconquasso provoco.
Quando ciò lo vedo negli altri provo per loro un senso di disagio, di inadeguatezza alle situazioni, di superficialità e di poca sensibilità.
Ho ammirazione per le persone educate, che sanno “stare al loro posto” e creano attorno a loro delle piacevoli e belle energie che si percepiscono e fanno stare bene.
Marisa
Abitudini...
Il tempo che passa così in fretta. Sembra ieri che doveva nascere l'anno 2000!
Desidero realizzare tante cose. Mi rendo conto però, che oggi più che le cose materiali agogno quelle conquiste interiori che non si vedono, ma che mi danno molto di più. Un tempo nella graduatoria delle cose da realizzare c'erano solo quelle materiali: casa, macchina, vestiti, qualche gioiello, i bei mobili, tappeti, stoviglie preziose.
Grazie alla ricerca ho realizzato quasi tutte queste cose.
Oggi c'è la lista che riguarda l’interiorità. Al posto dei bei negozi c'è la mia memoria.
Debbo andare lì dentro, col cesto della spesa a togliere, per pulire il più possibile cosa ho messo, in questa vita e altre. Ci sono i miei dolori causati dalle mie invidie, la mia prepotenza, le mie rabbie, la mia presunzione, le mie aspettative.
Ogni volta che mi guardo questi aspetti del mio carattere conquisto una leggerezza e una serenità che nessun abito firmato mi può donare.
La gioia provata quando l'aspetto incosciente viene sostituito da quello più responsabile non me l'ha data nessun gioiello.
Certo questo non vuol dire che sono esente da tentazioni, ma oggi c'è più coscienza in me nel mio vivere.
Sono un po' più presente nel mio quotidiano e questo mi protegge un po' dalle invasioni delle abitudini.
Magda
Lo specchio ci aiuta
Ho messo un fiocco rosa e azzurro dentro me!!
Da poco tempo è nata un po' di considerazione che esistono anche gli altri con il loro mondo, le loro idee, i loro gusti, i loro condizionamenti.
Fino a non molto tempo fa neanche lontanamente consideravo tutto questo. Ho vissuto l'intera vita ignorando questo, con tutte le conseguenze nefaste.
C'era solo il mio modo di pensare ed era giusto soltanto quello. Tutto doveva essere come pensavo io e, se non era così, apriti cielo!
Mi sono portata appresso questo schema doloroso in tutto il percorso della mia vita.
Soltanto grazie alla pazienza di Carla oggi, ogni tanto intravedo un po' di umanità sincera.
È con tanta fatica che riesco a vedere questo aspetto che mi pone tanti limiti.
Anche le pennellate devono andare come penso io.
Magda
Il passato ci aiuta
a riconoscere gli errori
È sempre la mattina che sento più tristezza e peso per la mia giornata. È pesante vivere quando si fa poco o niente per se stessi. È da tanto che ho questo peso dentro di me, ma ora ne sono più cosciente. Faccio tanta fatica a uscirne e mi è sempre più chiaro quando Carla ci dice che ci identifichiamo nel nostro condizionamento tanto da diventare quello. È dura uscirne perché conosco ancora troppo poco il fare per me stessa, anche se ciò che ho conquistato mi ha permesso di socchiudere una porta, una porta che poteva non aprirsi mai. E questo mi sta salvando.
Sento duro uscirne perché ancora mi lascio prendere da ciò che ho sempre fatto, da ciò che conosco già: fare solo per gli altri, rendermi utile agli altri. Gli altri e non me. Uscire da questo modo di vivere sarebbe come lasciare quello in cui mi sono sempre identificata: lasciare me per “qualcuno che non conta”, come fosse nessuno. È questo il muro che mi comprime, è questo che mi soffoca, è questa la mia claustrofobia, la mia chiusura verso me stessa, sono io il mio pericolo, perché sono io che non mi lascio uscire.
Devo capire perché ho questo condizionamento, cos’è che mi spinge ad aver bisogno, dico “bisogno”, di rendermi utile agli altri anziché a me, esprimere la mia energia per gli altri e non per me, il mio senso pratico per risolvere i problemi spicci di un altro ma non i miei, per poter
dire: "Ci sono riuscita, ce l’ho fatta" per un altro ma non per me, dimostrarlo a un altro ma non a me.
Quasi vivere su un altro la mancanza di me.
E il mio bisogno è tale da non accorgermene se non quando è tardi. Ho creato un’abitudine nell’altro e spesso all’altro fa comodo che io sia così.
Nessuno pensa che il mio è frutto di un bisogno, magari pensano che io sia solo gentile e altruista. Ma stranamente comincio ad avvertire che non mi appaga più il falso appagamento del mio bisogno, non so come dire, sento che la mia coscienza mi spinge verso me stessa, dove c’è qualcosa da maturare, da riconoscere, da vivere pienamente.
Sento che dentro di me c’è una gentilezza di base che non ha niente a che vedere con il condizionamento, ma di cui il mio bisogno di riconoscimento si è servito per costruire la sua roccaforte. Mi tengo questa “perlina” come un piccolo aspetto di me accanto a tante cose di me che invece devo cambiare. E per questo sì, ho bisogno degli altri ma non per farne bersagli del mio “io”, bensì per conoscere i miei limiti nei loro confronti, dove zoppico e mi devo migliorare.
Irrobustirmi per rendermi utile, ma a me. Questo lo sento sempre più pressante anche se a volte vivo il cambiamento dentro di me in modo poco cosciente. Ho momenti di smarrimento all’idea di lasciare il “vecchio” dentro di me, momenti che mi fanno vedere la cosa difficile da realizzare, ma sento che è pressante.
La battaglia tra il “vecchio” che vuole tenermi indietro e il “nuovo” che nasce in me, mi fa quasi vacillare, come non sapessi più chi sono.
Ma nonostante a volte batta la faccia per terra, sento di non dover mollare perché in me ora il nuovo è più forte, grazie a Dio!
M. R.
Un dolce risveglio
Il vedere della coscienza
Dolce risveglio. Mi sembra un sogno. Cominciare a vedere qualcosa che era talmente vicino da esserne completamente avvolta. Avvolta a tal punto da non vedere niente.
Talmente vicino da sentirlo mio, un mio che non mi rendevo neanche conto che mi permeava completamente.
Ogni volta è come respirare aria pulita, non viziata da porte chiuse. Non trascinata come un peso che mi schiacciava, che non mi permetteva di essere libera. Libera di sperimentare, di vivere, di conoscere, di essere.
Il peso della memoria, delle cose memorizzate in quel modo, in quell’unico modo che mi chiudeva e che non lasciava spazio ad altra visuale. Che non mi permetteva di vedere le cose per quello che erano, semplicemente.
L’abitudine è nemica della semplicità, della limpidezza, della leggerezza, del respiro vero, della vita come dovrebbe essere.
Quando cominci a uscire da lì, vedi una prospettiva diversa, multidimensionale.
Invece quando sei lì ti sembra tutto appiattito, senza vita, senza colori, senza movimento.
Come un unico punto che non ha altro che quello, un unico punto che non ha espressione, che non ha modularità, che non conosce movimento.
E tu sei lì, in quel non movimento, fissata lì, attaccata lì come ad una boa per paura di annegare, mentre poi scopri che puoi nuotare.
S. P.
Il cammino
per conoscere se stessi
Il dare per scontato che gli altri la pensino come me è la più grande sofferenza della mia vita.
La mia vita fatta di esperienze ed inesperienze, mancanze, bisogni e grande ignoranza.
Così in questo bailamme ho sempre dato tutto per scontato. Non mi sono mai neanche posta il problema che forse non era così.
Gli altri sono altri si, si, bel concetto ma a capirlo! Quante zuccate, quanti pesci sui denti, quante incomprensioni che mi creavano smarrimento.
Dal concetto alla messa in pratica ci è voluto un po’: passando dalla sofferenza più buia al sollievo ed allo stupore che si può vivere meglio.
Le aspettative ci sono ma non sono più così pressanti ed è … una leggerezza mai provata.
Qualche volta mi stupisco per il sollievo, la serenità e la forza di come sono ora.
Purtroppo il mio punto debole è mia figlia: a parole capisco che è un'altra persona, adulta, che non mi appartiene ma il voler credere che nel mio amore sbagliato posso renderle la vita più facile è una grande sofferenza per me e per lei.
Io mi creo un sacco di ansia senza fine e lei, senza esperienza sulla sua pelle, una banderuola sballottata dagli eventi.
Devo far maturare il mio benessere, devo innaffiare i fiori profumati d'amore nel mio cuore e solo così riesco, riuscirò a non soffocarla ed a rispettarla veramente.
Giò
L'incontro
che mi ha cambiato la vita
In un momento buio e di totale sbandamento ho incontrato Carla. Amica, Sorella, Mamma che mi ha preso per mano e mi ha accompagnato nella vita.
La vita vera fatta di esperienze, nel rispetto di me, con tanto Amore. Mi ha tolto dalla sofferenza più nera, dall'ignoranza più profonda di me.
Io questa sconosciuta piena di preconcetti confezionati dai miei condizionamenti.
Intanto me li ha fatti riconoscere al di là della sofferenza che mi procurano, poi me li fa comprendere un poco per volta, dandomi sollievo e facendomi costruire la mia forza interiore che mi fa andare a testa alta nella vita.
Non più sentirmi meno, non più smania di riconoscimento, non più essere troppo buona a tutti i costi e così non più voler imporre il mio pensiero.
Sto conoscendo me riuscendo a riconoscere gli altri.
Sto riuscendo a scrollarmi di dosso l'ignoranza che mi oscura ogni bellezza e mi toglie la voglia di vivere.
Grazie del tanto Amore.
Giò
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